"Esci partito dalle tue stanze, torna amico dei ragazzi di strada" Majakovskij

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sabato 29 marzo 2008

La Sinistra l'Arcobaleno dell'Emilia Romagna sulle esternazioni di Loredana Dolci

Nella vita - come nella politica - non solo è possibile cambiare idea: qualche volta è anche salutare. Nel caso di Loredana Dolci siamo invece al patologico: la sua scelta non arriva dopo un particolare travaglio politico ed intellettuale. Arriva dopo aver fatto di tutto per guadagnarsi un posto eleggibile certo alla Camera ed arriva - evidentemente - dopo un attento calcolo su ciò che le sarà più conveniente per la sua vita politica e personale futura. Questo è il "caso" Loredana Dolci: nulla di più. Non c'è nessun "senso del dovere" o "senso di responsabilità" nella sua scelta di candidarsi - prima - e nella sua scelta di collocarsi altrove - ora: Dolci sceglie semplicemente di stare con il soggetto politico che percepisce come più forte e - per accreditarsi - lo fa nel modo più rumoroso possibile e, nelle sue intenzioni, nel modo più dannoso possibile per "la Sinistra l'Arcobaleno". Lasciamo volentieri ad altri questo vecchio e trasformistico modo di fare politica: sarà l'ennesimo atto innovativo del Pd? Dolci sceglie così perché ha perso la battaglia interna nel suo partito e pone questo davanti al percorso di costruzione della sinistra in Emilia-Romagna e nel Paese : proprio in una fase in cui dovrebbero essere sospese le questione interne per spendere tutte le risorse e le energie nella campagna elettorale. Ci sono tante ragioni per votare "la Sinistra l'Arcobaleno" il 13 e il 14 aprile. Da oggi Loredana Dolci è un'ospite sgradita e un corpo definitivamente estraneo alla nostra proposta politica ed elettorale: una ragione in più per sostenere "la Sinistra l'Arcobaleno".

Nando Mainardi - segretario Emilia-Romagna Prc
Gabriella Meo - coordinatrice Emilia-Romagna Verdi
Massimo Mezzetti - coordinatore Emilia-Romagna Sd

mercoledì 26 marzo 2008

giovedì 20 marzo 2008

L'orco

di Daniele Luttazzi - da il Manifesto del 19/3/2008

Dalla premessa che l'embrione è vita umana, l'Orco inferisce che l'aborto è omicidio e quindi va sospeso in tutto il mondo. A nulla vale ricordargli che l'aborto è moralmente giustificato quando in gioco c'è la salute della madre o l'embrione è gravemente malato; e che comunque spetta alla madre decidere: l'Orco si dice d'accordo con la 194, ma insiste (ci sono le elezioni) con gli effetti truculenti di cui è maestro. Per persuadere il lettore che la guerra in Iraq era giusta non esitò a pubblicare sul suo Foglio quattro pagine a colori di foto di ostaggi decapitati dai terroristi di Al Qaeda, anche se Saddam e l'Iraq non c'entravano nulla con Al Qaeda, e i terroristi che tagliavano teste erano la conseguenza di quella guerra. Grand Guignol retorico: dice che le donne non sono assassine (e intanto lo implica); accosta la pena di morte all'aborto (un deja vu che ha una sua ironia tragica: all'Onu, questa strumentalizzazione fu usata da sei stati per opporsi alla moratoria della pena di morte. Erano Egitto, Libia, Iran, Sudan, Usa e Vaticano! ); si augura di avere la sindrome di Klinefelter (e chiede a sua moglie di pregare affinchè gli esami clinici lo confermino, una richiesta che è tutta una poetica); invoca che tale sindrome sia cancellata dalla lista delle malattie che giustificano l'aborto (non c'è mai stata nessuna lista del genere); vuole seppellire i feti abortiti (che però non sono persone, e infatti la Chiesa non li battezza); affigge in tutt'Italia manifesti con la scritta «Abortisce per un reality» (notizia falsa ); si atteggia a convertito (ma un convertito senza carità è solo un inquisitore che sorveglia e punisce); fa una similitudine impropria fra libertà delle donne e demografia coatta in Cina (in realtà questa è contro quella); si supera col paragone osceno fra aborto e Shoah. Insomma una provocazione continua, un insistente marchiare con infamia. Poi si offende se lo contestano ai comizi, che sono il suo piccolo teatro dell'atroce (l'obbrobrio come anatomia politica: frugare nel corpo delle donne, disarticolarlo, ricomporlo, è al contempo un rituale di supplizio e una tecnica di potere). Infine trabocca: «Sulle porte delle cliniche abortiste dovrebbe esserci lo slogan 'Abort macht frei' così come all'ingresso di Auschwitz c'era scritto 'Arbeit macht frei'». E qui un lettore gli dà del fesso: aborto in tedesco si dice abtreibung. «Abort macht frei» significa «La latrina rende liberi». Lo ritrovo dove l'avevo lasciato.

lunedì 17 marzo 2008

Minacce a Tommaso Sodano, senatore SA

“Ringrazio della solidarietà nei miei confronti per le minacce ricevute: vorrei dire a tutti di non preoccuparsi perché il mio impegno contro la criminalità organizzata e il suo intreccio con la politica non verrà meno; del resto, non è la prima volta che ricevo avvertimenti di questo genere”. È con questa dichiarazione che il presidente della commissione Ambiente al Senato, Tommaso Sodano, di Sinistra Arcobaleno, risponde ai numerosi messaggi di condanna per la lettera contenente dei proiettili ricevuta oggi.

“L’importante è non abbassare la guardia - aggiunge - perché è chiaro che quei settori che con le nostre denunce abbiamo messo in difficoltà, ora stanno reagendo, anche con gesti intimidatori”.

Questa mattina, nella sede del comitato elettorale della Sinistra l’Arcobaleno a Pomigliano d’Arco, è stata recapitata una busta con otto proiettili ed una lettera con minacce di morte. Nella lettera si intima al senatore di “andare via da Pomigliano d’Arco’, cittadina che “deve essere libera dai comunisti”. E ancora “A Roma non ti vogliono bene - si legge nel messaggio minatorio - e neanche a Pomigliano. Se non andrai via, sono costretto da forze maggiori ad ucciderti”.

Numerosi i messaggi di solidarietà a Sodano da parte della Sinistra l’Arcobaleno. Fausto Bertinotti ha espresso il suo sostegno a Sodano dichiarando: “Nell’apprendere la notizia del grave gesto intimidatorio desidero esprimerti, caro Tommaso, la mia più intensa solidarietà, unitamente all’auspicio per il prosieguo del tuo impegno al servizio del Paese per la liberazione dell’economia dal ricatto della criminalità organizzata e per l’affermazione di una cultura in grado di coniugare lo sviluppo, la salute dei cittadini e la coesione sociale”.

Il deputato Carlo Leoni, vice presidente della Camera, candidato della Sinistra l’Arcobaleno nel Lazio, sulla grave minaccia ricevuta da Sodano dichiara: “è chiaramente un’iniziativa che proviene dagli ambienti della criminalità organizzata. Questi signori devono sapere che in questa battaglia il presidente Sodano non è solo, ma attorno a lui ci sono tutte le forze della Sinistra l’Arcobaleno e tantissimi cittadini, molti dei quali hanno manifestato sabato scorso a Bari, che si battono perché dal nostro Paese vengano sradicate definitivamente tutte le organizzazioni mafiose”.

La senatrice Manuela Palermi, capolista di SA in Toscana per il Senato commenta: “la campagna elettorale della Sinistra l’Arcobaleno inizia a fare paura. E la dimostrazione sono le minacce di morte al senatore Sodano al quale va tutta la nostra solidarietà. Il problema dei rifiuti in Campania pone al centro l’etica della politica, quella magica parolina sparita dai programmi elettorali di molte forze in campo. I comitati di affari presenti sul territorio hanno individuato i loro nemici, gli ambientalisti, appunto, come il senatore Sodano, che si sono sempre battuti contro l’illegalità e contro le ecomafie”. Anche Franco Giordano ha espresso la sua solidarietà nei confronti del senatore di Pomigliano d’Arco, dichiarando: “queste minacce dimostrano che non tutte le candidature sono uguali. Quella di Tommaso, evidentemente, non è gradita e sappiamo benissimo perché: per la tenacia con cui persegue uno scopo e la serietà del suo lavoro”. Solidarietà, infine, anche dalla senatrice Loredana De Petris, capolista SA nel Lazio per il Senato: la questione della Campania “ci sta molto a cuore – dichiara la De Petris – ma non si risolve esclusivamente con le ricette ambientali, ma affrontando fino in fondo la questione politica, soprattutto in termini di legalità”. Questo discorso “deve valere – conclude – e noi della Sinistra l’Arcobaleno l’abbiamo sempre detto, per tutti i partiti al di là degli schieramenti”.

sabato 15 marzo 2008

E Odifreddi si trovò solo a difendere Cristo dai pagani...

di Piero Sansonetti, da Liberazione del 14/3/2008

Non è che io ce l'abbia con Bruno Vespa. Sono stato anche varie volte ospite della sua trasmissione. Trovo che sia una persona gentile, un conservatore molto conservatore, serio, preparato, piuttosto bravo - per quello che io ci capisca di Tv - nel suo mestiere e nella politica.
Mercoledì sera però, lo confesso, un po' mi ha indignato. Per due ore, insieme ad una decina di ospiti raccolti forse a caso, si è fatto beffa, impunemente, della religione cristiana, dei suoi valori, della sua grandezza secolare. A me - ateo puro, ma che da ragazzo sono stato cattolico e ho subìto discretamente il fascino del Concilio Vaticano II - ha fatto orrore quell'orgia di superstizione, spacciata per dottrina di Cristo, alla quale nessuno si è opposto, salvo un intellettuale rigoroso - e forse ancor più ateo di me - come Piergiorgio Odifreddi, gran matematico, coltissimo, isolatissimo in quel circo di miracolati, costretto suo malgrado a fare da unico "eroico" scudo alla dignità e alla grandezza del cristianesimo vero.
In che è consistita la trasmissione? Nel tentativo di dimostrare che Padre Pio fosse un «potente santo» (molto potente, più di sant'Antonio...), capace di giganteschi miracoli. Che Madre Teresa di Calcutta fosse molto simile a lui. Che il diavolo in carne e ossa avesse inutilmente tentato di opporsi al suo magistero. E che quando qualcuno si ammala, ad esempio di tumore, invece di cercare un medico è molto meglio che si rivolga a qualche santo dai superpoteri e cose del genere.
Andreotti era un po' imbarazzato, ma anche nervoso. Quando Odifreddi la buttava in scherzo (non c'era molto altro da fare: o ti mettevi a urlare e gli dicevi:«ma che minchionate state blaterando?», oppure cercavi di scherzare...) Andreotti si irritava e lo ammoniva: «Scherza coi fanti ma lascia stare i santi...».
Di Padre Pio è stato detto che tutte le notti faceva a botte col diavolo, e la mattina dopo aveva gli occhi neri. Lo ha detto, con aria seria e pomposa, un impegnatissimo vaticanista del Giornale (e solo il solito Odifreddi se la ridacchiava: gli altri ad ascoltare tutti seri e compunti). Poi c'è stata una signora che ha raccontata di essere finita in paradiso, dopo un attacco cerebrale, e lì di avere incontrato il proprio papà insieme a Padre Pio che gli hanno parlato di alcune questioni domestiche e poi le hanno detto di tornare sulla terra. Questa signora è apparsa in Tv con una scritta in sovraimpressione: nome, cognome e qualifica. la qualifica era:«miracolata da Padre Pio il tal giorno». Proprio così c'era scritto. Come si dice di uno che è ingegnere, giornalista, membro dell'Udc o chissà che cos'altro. Con la stessa freddezza e oggettività ci si comunicava che la signora era miracolata.
A un certo punto è arrivato Mannheimer e ha illustrato un sondaggio dal quale risulta che il 70 per cento degli italiani ha chiesto almeno una volta nella vita un miracolo a un santo. E poi la classifica dei santi più abili e ricercati. Primo, Pio, secondo Antonio, terzo, staccatissimo, Francesco. Vespa era stupito che Francesco - famosissimo, amatissimo - fosse così indietro nella classifica (come la Fiorentina...). Bisognerà spiegargli che Francesco, in vita, si occupò di cose molto serie e non poteva fare molti miracoli, al massimo si divertiva a parlare con gli uccellini o con i lupi... Odifreddi ha fatto notare che quel 70 per cento è la stessa percentuale degli italiani che non hanno mai letto un libro né un giornale. Indignazion generale di tutti gli altri convenuti. Odifreddi si è difeso: «E' un puro dato statistico, vedete voi se volte incrociare le due cifre o tenerle separate...». Poi Vespa ha annunciato che almeno 6 milioni di persone parteciperanno alle celebrazioni per i 40 anni della morte di Pio. Odifreddi - impavido e sprezzante del pericolo - ha osservato che lo stesso numero di persone consulta abbastanza abitualmente maghi o fattucchiere... Tripla indignazione...
E madre Teresa di Calcutta? Odifreddi ha ricordato che dalle sue lettere risulta che la santa non avesse la fede. Crisi della platea di Porta a porta , proteste, furia, anche di Andreotti e di Irene Pivetti (la quale per la verità era vistosamente in imbarazzo e cercava di cavarsela ridendo spesso alle battute di Odifreddi).
Voi sapete che padre Gemelli - tra i maggiori intellettuali cattolici del novecento, dopo una visita a padre Pio chiese che intervenissero gli psichiatri? Del resto uno che dopo una nottata agitata mostra le ferite e dice di avere fatto a botte col diavolo, qualche problemino doveva averlo... L'editorialista del Giornale a questa ipotesi ha perso le staffe. E ha spiegato, con stringente ragionamento, che il diavolo ovviamente picchiava Padre Pio, perché Padre Pio gli rubava le anime...
Chissà se la Chiesa ufficiale interverrà, protesterà, chiederà vendetta per questa oscena, blasfema caricatura dell'insegnamento di Cristo, ridotto a stregoneria. O se ormai anche la Chiesa se ne frega, e in fondo non le dispiace di essere rappresentata in modo così pagano, come una setta spiritualista medievale.

giovedì 13 marzo 2008

Antonio è morto di lavoro

di Stefano Bocconetti - da Liberazione del 13/3/2008

Il lavoro uccide. Ma può uccidere anche quando non c'è, quand'è precario, quando la busta paga arriva un mese sì e l'altro no. Partiamo da quello che tutti sanno, che tutti hanno imparato a conoscere dalla cronaca di questi mesi, di questi anni: la fabbrica uccide. E' (ri)successo - per la 118° volta solo in Piemonte - l'altra sera, quando dall'ingranaggio di una gigantesca macchina che assomiglia ad una pressa, è partito un cuscinetto a sfera. S'è spezzato ed è schizzato via. Trasformandosi in un micidiale proiettile. Antonio, trentasette anni, che stava riparando proprio quella pressa è stato colpito allo stomaco. Probabilmente neanche si è accorto di quel che stava accadendo. E' morto subito. Uccide la fabbrica, allora, continua ad uccidere la fabbrica. Ma uccide anche la precarietà. Perché a venti chilometri dall'ennesimo omicidio bianco, venti chilometri più in là dalla Mac di Chivasso, esattamente nel cuneese, un operaio si è tolto la vita. Per tre mesi era riuscito a strappare un contratto alla "Berco". Un'azienda del gruppo ThyssenKrupp - sì, proprio la multinazionale della strage all'altoforno - che costruisce cingolati per i trattori, escavatrici, ruspe. Una fabbrica sindacalizzata, molto sindacalizzata. Dove i lavoratori sono riusciti a conquistare stabili relazioni industriali con la controparte e dove il consiglio dei delegati, ogni tanto, riesce a strappare qualche posto di lavoro in più per i precari. Qualche volta. Non sempre. Così Luigi, fra pochi mesi quarant'anni, s'era trovato col contratto da "interinale" scaduto. Le speranze che glielo rinnovassero erano svanite qualche giorno fa. Colpa di un mercato, del mercato americano, che non "tira" come dovrebbe. In quel lavoro, in quel posto Luigi Roca ci aveva però sperato. E quando ha capito che il rinnovo non sarebbe arrivato non ha retto. S'è ucciso. Alla moglie, ai due figli piccoli, ha lasciato un biglietto: «Senza lavoro ho perso anche la dignità». E si è impiccato. Luigi Roca ha aspettato di essere solo nella sua piccola casa a Rocca Canavese, un paese che si trova solo sulle mappe più dettagliate, e si è ucciso. L'ha fatto in quella casa, che da anni era la sua prima preoccupazione, con quel mutuo che l'assillava. Che assillava lui e sua moglie. Anche lei operaia. E dire che appena pochi mesi fa la sua vita sembrava davvero vicina ad una svolta. Perché da anni, Luigi viveva aspettando la chiamata di un'agenzia interinale. Di quelle che "affittano" il lavoro per due, tre mesi bene che va. Per quasi dieci anni ha vissuto così. Poi, la chiamata alla "Berco". Cento dipendenti, un buon clima, i vecchi operai che si preoccupano di inserire i giovani nel ciclo produttivo. Nessuna gelosia. I delegati che si fermano a parlare con quei ragazzi che hanno un contratto a tempo determinato. Certo, qui è più facile: qui i precari sono pochissimi. Il mese scorso erano solo quattro. Perché questa è una lavorazione difficile. Che ha bisogno di conoscenze. Che non si imparano da un giorno all'altro.
Ma anche questa piccola comunità nulla ha potuto davanti alla "dura realtà" delle cifre. La "Berco" ha fatto sapere che c'erano problemi nel mercato statunitense, il settore delle costruzioni stenta oltre Oceano. Così l'azienda ha deciso di non rinnovare i contratti. Certo, i rappresentanti sindacali - qui c'è quasi solo la Fiom e un po' di Cobas - avevano già strappato l'impegno che se dagli States ricominceranno le ordinazioni, quei quattro sarebbero stati riassunti. E stavolta a tempo indeterminato. Come è già accaduto tante altre volte. E i delegati avevano anche spiegato la situazione a Luigi. Ma a lui non è bastato. Perché ci aveva davvero sperato. E s'è sentito solo.
Chi lo conosce racconta che assieme al dramma della precarietà c'era anche «qualche problema in più». Usano proprio quest'espressione, molto asettica. Luigi, forse, aveva ancora qualche problema con la droga. Forse. Nessuno te lo sa dire con certezza. Come se fosse e dovesse restare un problema privato di quell'operaio. Come se non fosse una condizione comune a tanti della sua generazione, a tante persone, a tanti giovani di quelle parti. Di quella età. Come se non fosse una questione sociale. Due volte emarginato, allora. S'è sentito solo e s'è tolto la vita. Ucciso da una precarietà, che dopo un decennio, non riguardava più solo il suo rapporto col lavoro. Ma aveva invaso tutta la sua vita.
Ucciso. Esattamenmte come quel suo "collega" che probabilmente neanche conosceva, colpito da un enorme cuscinetto a sfera. Ucciso mentre riparava una macchina. Ucciso, per dirla col segretario della Fiom di Torino, Airaudo, da un sistema che deve andare sempre più veloce: le macchine non possono stare ferme, chi fa la manutenzione deve sbrigarsi, per far ripartire l'impianto. Dove, con la stessa fretta, devono lavorare altre centinaia di persone. Uccisi dallo stesso sistema. Che non può essere cambiato dagli imprenditori. Che probabilmente non può essere cambiato "assieme" agli imprenditori.

lunedì 10 marzo 2008

Evviva i clandestini in Italia dove fratellanza è morta

di Piero Sansonetti - da Liberazione del 9/3/2008

Ieri si è saputo che una signora moldava, Victoria, di 28 anni, immigrata clandestinamente in Italia, che lavorava come badante nella casa di due anziani italiani a Venezia (percependo uno stipendio di 700 euro al mese), è riuscita a salvare una dei sue due datori di lavoro, la signora Angela Viviani, 88 anni, che era rimasta stordita nel sonno da una fuga di monossido di carbonio. Il marito Umberto, di un anno più vecchio, non ce l'ha fatta. La signora Angela ora è in ospedale, sta meglio. E' in ospedale anche Victoria, intossicata. Però lei è piantonata. Perché la polizia, che è intervenuta dopo l'incidente, chiamata proprio da Victoria, si è accorta che la giovane moldava è clandestina e dunque va punita, tenuta agli arresti, processata e poi espulsa.
Nel vangelo dei cristiani c'è scritto che Victoria è nostra sorella . Nel nostro gergo di gente di sinistra si usa la parola compagna . Per la legge italiana invece Victoria è semplicemente clandestina e quindi autrice di reato. Se ne frega, la legge italiana, di tanti particolari, tra i quali il coraggio di Victoria che ha salvato Angela.
Ieri mattina ho visto sui muri di Roma un manifesto di Forza Italia, o forse del partito delle libertà - insomma, dei berlusconiani - che baldanzoso proclamava: «Con noi non avrai più un clandestino alla porta di casa». Se Angela non avesse avuto la clandestina oltre la porta di casa, ora sarebbe al cimitero.
Il cinismo feroce, la codardia di quelli che fanno la campagna elettorale promettendoci la sferza contro i nostri fratelli o compagni stranieri che non hanno un permesso di soggiorno, ci da la misura di quanto già sia stata secca, devastante, la svolta reazionaria nel senso comune italiano. Dicendo una oscenità come quella che è scritta nel manifesto del Pdl, loro pensano di prendere voti. E hanno ragione. Tanto che il Pd, con qualche eleganza in più, li insegue.
Il Pd però dice (e anche talvolta il Pdl, e spesso la Lega, e persino qualche persona di sinistra): «Noi non abbiamo nulla contro gli stranieri autorizzati, che lavorano e spingono la carretta. Ma la caccia al clandestino è giusta...».
Dimentichiamoci un momento i toni da Ku Klux Klan di queste campagne. Pensiamo solo al ragionamento che sta dietro la rivendicazione «regolare sì-clandestino no». Qual è il ragionamento? E' questo: se vengono qui a lavorare per noi, e lo fanno bene, e a buon prezzo, accettando di svolgere i servizi che gli italiani disdegnano, bene, accogliamoli. Perché? Ci servono. «Servono» non solo nel senso che sono utili, ma che sono servi. Altrimenti è giusto cacciarli. Il migrante è buono solo se «serve». Non esiste di per sé, esiste in funzione nostra.
Nessuno è sfiorato dall'idea che l'immigrazione non può essere solo un fenomeno di utile «asservimento», o un problema di convenienza; ma che è il drammatico risultato della fuga di massa di popolazioni grandissime, e poverissime, che il distorto sviluppo del pianeta - e la «rapina» di ricchezze, imposta, con le armi, dall'occidente - ha ridotto alla fame nera, alla disperazione. A nessuno viene in mente che la civiltà cresce solo se riesce ad accettare il concetto di collettività, e poi di genere umano, e che i principi sacri della rivoluzione francese ancora non sono stati superati da nessuna delle teorie politiche moderne (di Berlusconi, o di Veltroni, o di Bossi o di Sarkozy... ). E i principi sono quelli: libertà, uguaglianza, fratellanza (o fraternità, o sorellanza, come dicono le femministe). Voi conoscete dei partiti politici, degli «enti», degli opinionisti, oggi, che considerino come fondante della civiltà il termine fratellanza? Al momento, a insegnarcelo, è venuta Victoria. Non c'è da stupirsi se l'hanno incarcerata.

sabato 8 marzo 2008

Candidatura donne, elemento di democrazia che ci distingue da altre liste

La Sinistra l'Arcobaleno ha stabilito i criteri per la compilazione delle liste da tempo e in maniera unitaria. Tra questi c'è l'incompatibilità tra la carica di consigliere e assessore regionale e la candidatura in posizioni eleggibili. A questo criterio è stata ammessa un'unica eccezione riguardo alla candidatura delle donne, per riequilibrare la parità di genere, elemento di democrazia e di effettiva parità che ci distingue dalle altre liste. Per questo motivo invitiamo tutti i nostri rappresentanti a contribuire responsabilmente all'affermazione elettorale della Sinistra l'Arcobaleno.

giovedì 6 marzo 2008

Enza Park - Candidature

Enza Park è la striscia satirica ideata
dagli Agit Pop Montecchio Emilia
Entra e leggi le avventure di Lele, Kata e dei loro amici...

martedì 4 marzo 2008

Lunedì 10 Marzo 2008 - Un programma di Sinistra

domenica 2 marzo 2008

Quale energia?

Energia e grandi opere. Se il Pdl è il partito del nucleare, il Pd sembra quello dell’energia più inquinante e ad alto impatto sul clima, il carbone. Il capogruppo alla Camera dei Verdi Angelo Bonelli se la prende proprio con il partito di Veltroni.
“Ma quale solare, il Partito Democratico è il partito del carbone. E' il partito che vuole la riconversione delle centrali di Civitavecchia e Porto Tolle e la costruzione di nuove centrali a carbone in tutta Italia. Non beffino gli italiani”.
“Le uniche iniziative che nella scorsa legislatura hanno portato delle innovazioni ambientali ed energetiche, come la certificazione energetica degli edifici e gli impianti di energie rinnovabili per i nuovi edifici sono venute dai Verdi - aggiunge Bonelli - e dalle forze della Sinistra e l'Arcobaleno e non certo dal PD. Se si vuole parlare di solare bisogna essere chiari e rinunciare al carbone che non è amico dell'ambiente”.
Il carbone è la fonte a più alta emissioni di anidride carbonica, dannosa per il clima ma anche in quinante, tanto che, dice Bonelli, l’Asl di Brinidisi “ha dovuto vietare la coltivazione in prossimità della centrale a carbone. Il PD non usi quindi il solare come una foglia di fico – chiede ancora l’esponente dei Verdi - per nascondere politiche energetiche vecchie di un secolo e spesso sostenute dal ministro Bersani”.
L'unica forza “coerente e chiara sulle tematiche ambientali - precisa ancora Bonelli - è la Sinistra l'Arcobaleno che è per una vera e propria rivoluzione industriale che punti sulla costruzione di almeno 50 centrali solari termodinamiche, sull'energia del vento, sull'efficienza energetica e sul vettore idrogeno per sostituire la benzina nel futuro”.
Dall’energia alle grandi opere. A questo proposito la bordata è della deputata dei Verdi Grazia Francescato, esponente di Sinistra Arcobaleno, ed è indirizzata a Berlusconi, che ha riproposto il ponte sullo Stretto di Messina. "L'Italia dovrebbe essere grata a tutti coloro che si sono impegnati affinché fosse fermata questa megatruffa perpetrata sulle spalle del Paese e dell'Italia".
"Questo è uno dei rarissimi casi in cui Berlusconi, almeno parzialmente, dice il vero - conclude Francescato - infatti grazie alla sinistra e in particolare all'impegno dei Verdi e delle associazioni ambientaliste è stata fermata una megaopera, costosissima, inutile e dannosa per il Paese e per l'ambiente".