"Esci partito dalle tue stanze, torna amico dei ragazzi di strada" Majakovskij

Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
Circolo "Lucio Libertini" Montecchio Emilia
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lunedì 28 dicembre 2009

Commemorazione della fucialazione dei 7 fratelli Cervi



Sono passati 66 anni da quel 28 Dicembre, giorno in cui i figli di Alcide vennero fucilati insieme a Quarto Camurri nel poligono di tiro di Reggio Emilia pagando con la vita la propria fedeltà a quegli ideali di libertà e di giustizia sociale che erano stati loro trasmessi fin da bambini dal padre.

Alle soglie del 2010, Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio, Ettore ed il loro sacrificio devono rivivere nella nostra memoria affinché tutti noi e le nuove generazioni non dimentichino il valore prezioso della libertà conquistata a fatica, in un momento in cui questo bene è in grave pericolo a causa del clima generale che sta avanzando di odio nei confronti dell’”altro”, di guerra tra poveri, alimentata dalla politica razzista del Governo, del sempre più diffuso revisionismo storico e della crescita indisturbata di gruppi neo-fascisti.

Per questo la Federazione della Sinistra (Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Socialismo 2000 e Lavoro e Solidarietà) attiva nella difesa delle democrazia e della libertà, ribadisce la necessità di ricostruire una coscienza antifascista e una rete di antifascismo militante raccogliendo il patrimonio ricco di ideali e di esperienze che i partigiani stanno lasciando a tutti e ai giovani in particolare.

venerdì 18 dicembre 2009

Federazione della Sinistra: al via una campagna referendaria su legge 30, nucleare e acqua.


FEDERAZIONE DELLA SINISTRA: AL VIA UNA CAMPAGNA REFERENDARIA SU LEGGE 30, NUCLEARE, ACQUA. OGGI IL PRIMO CONSIGLIO NAZIONALE DELLA FEDERAZIONE HA ELETTO COORDINAMENTO E PORTAVOCE NAZIONALE.

Sarà una grande campagna referendaria su alcuni elementi-chiave (battaglia per la pubblicizzazione dell'acqua, richiesta di abrogazione della legge 30, no al nucleare) a dare il via, da gennaio, alle battaglie sociali della neonata Federazione della Sinistra, patto federativo che ad oggi comprende Prc-Se, Pdci, Socialismo 2000 e Lavoro e solidarietà ma che vuole aprirsi il più possibile a tutte le istanze sociali, sindacali e associative che oggi compongono l'area della sinistra alternativa del nostro Paese.

Lotta alla precarietà, dunque, attraverso la richiesta di abolizione della legge 30 e delle leggi ad essa collegata per restituire un futuro di lavoro stabile e sicuro alle nuove generazioni, lotta al programma di re-introduzione delle centrali nucleari che vuole impiantare in diverse regioni italiane il governo Berlusconi e lotta per la difesa dell'acqua ma anche della sanità e del welfare pubblico contro i tentativi di imporre una loro gestione privatistica. Questi i punti-chiave della campagna politica e sociale della Federazione della Sinistra che, a partire da gennaio, raccoglierà le firme su questi tre fronti per dei referendum popolari.


La Federazione della Sinistra lancia anche un appello a tutte le forze politiche e sociali presenti nel nostro Paese per unire le forze, in vista delle prossime elezioni Regionali, e per ricostruire, tramite un processo aggregativo, una sinistra d'alternativa unitaria sulla quale possano convergere i voti e le aspettative di tutta la sinistra diffusa italiana.

Queste, in sintesi, le decisioni prese oggi dal primo Consiglio nazionale della neonata Federazione della Sinistra (Prc, Pdci, Socialismo 2000 e Lavoro e solidarietà). Il Consiglio nazionale della Federazione è composto da 70 membri ed ha anche eletto un coordinamento ristretto di 7 persone (così composto: Paolo Ferrero, Claudio Grassi, Rosa Rinaldi per il Prc, Alessandro Pignatiello e Orazio Licandro per il Pdci, Cesare Salvi per Socialismo 2000 e Gianpaolo Patta per Lavoro-Solidarietà) e un portavoce nazionale, che per i primi tre mesi sarà il segretario del Prc Paolo Ferrero.

domenica 13 dicembre 2009

Per l'acqua pubblica!

di Annalisa Magri - Segretario del Circolo PRC di Montecchio Emilia

Nel Consiglio Comunale del 14 dicembre, Rifondazione Comunista presenterà un'Ordine del Giorno su Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico.
Il documento nasce dalla consapevolezza che l'acqua costituisce un bene comune dell'umanità, il bene comune universale, un bene comune pubblico , quindi indisponibile al mercato, che appartiene a tutti.
Da questa consapevolezza sono nate e continuano a nascere le battaglie di Rifondazione Comunista contro la privatizzazione di Enìa, contro la fusione Enìa-Iride e contro il decreto Ronchi (dl 135/09) con cui il Governo ha sottratto l’acqua potabile ai cittadini per consegnarla, a partire dal 2011, agli interessi delle grandi multinazionali e farne un nuovo business per i privati.
Nell'OdG si chiede che il Comune di Montecchio Emilia si impegni su quattro punti: primo, a costituzionalizzare il diritto all'acqua, riconoscendola come diritto umano e riconoscendo che la gestione del servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica; Secondo, a promuovere nel proprio territorio una cultura di salvaguardia della risorsa idrica e di iniziativa per la ripubblicizzazione del Servizio Idrico Integrato; terzo, ad aderire e sostenere le iniziative del Coordinamento Nazionale “Enti Locali per l’Acqua Bene Comune e per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato”; quarto, a sottoporre all’Assemblea dell’Ambito Territoriale Ottimale (AATO) l’approvazione delle proposte e degli impegni dei primi tre punti.
All'Ordine del Giorno è collegato un emendamento allo Statuto Comunale che riconosce che la gestione del servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini.
Giorgia Riccò, capogruppo di Rifondazione Comunista in Consiglio Comunale, parlerà a nome del Comitato per la Difesa dei Beni Comuni della Val d'Enza a cui aderiscono, per ora, oltre a Rifondazione Comunista, anche Italia dei Valori di Montecchio Emilia, Cavriago a 5 stelle - Gruppo Val d’Enza, Comitato Provinciale Acqua Bene Comune di Reggio Emilia (membro del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua), Movimento Stop al consumo di territorio – Comitato reggiano, Il Quinto Colle – Quattro Castella, Lista Civica Cavriago Comune, Lista Civica Lavorare per Sant’Ilario, Sinistra e libertà, Sinistra Gattatico.

mercoledì 9 dicembre 2009

Nasce il Coordinamento per la difesa dei beni comuni della Val d'Enza


Lo scorso 1 dicembre a Cavriago ha avuto luogo l’incontro costitutivo del Coordinamento Difesa Beni Comuni della Val d’Enza. Questo coordinamento è aperto a tutte le forze che si oppongono alla privatizzazione dei beni comuni, a partire dall'acqua.

In questi anni i cittadini della Val d’Enza hanno assistito alla progressiva privatizzazione dei servizi e della stessa gestione dei beni comuni. Una politica liberista avallata nell’arco degli ultimi
decenni anche dalle forze di governo dei nostri territori, che hanno usato il territorio e le sue risorse come una cassaforte a cui attingere per far quadrare bilanci strozzati da norme incivili emanate dal governo centrale.

Obiettivo del coordinamento è quello di riportare nell’agenda politica delle nostre comunità e delle amministrazioni locali il tema della difesa dei beni comuni, per garantirne l'accesso ad ogni persona.

La prima battaglia che stiamo organizzando è quella di contrastare tutte le politiche di esternalizzazione e privatizzazione dei servizi legati all'acqua. Per questo sia il decreto Ronchi, che privatizza servizi e beni comuni, sia la scelta dell'unificazione Enia-Iride, così come si sta prefigurando, devono essere contrastasti.

Tutte le forze firmatarie si impegnano a presentare nei consigli comunali dove sono presenti un ordine del giorno comune che impegni le giunte degli otto comuni della Val d’Enza a modificare
nello statuto la definizione di acqua quale “bene a non rilevanza economica” con l’obiettivo di mantenerne proprietà e gestione pubblica, ovvero di tutti i cittadini.

A questa iniziativa seguiranno campagne informative nelle piazze, la raccolta di firme per l'eventuale referendum contro il decreto Ronchi e l’organizzazione di iniziative pubbliche volte a sensibilizzare le persone su questo tema di vitale importanza.

Promotori del coordinamento:
Italia dei Valori; Cavriago a 5 stelle - Gruppo Val d’Enza; Comitato Provinciale Acqua Bene Comune di Reggio Emilia (membro del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua); Movimento Stop al consumo di territorio – Comitato reggiano; Il Quinto Colle – Quattro Castella; Lista Civica Cavriago Comune; Lista Civica Lavorare per Sant’Ilario; Partito della Rifondazione Comunista; Sinistra e libertà; Sinistra Gattatico.

lunedì 7 dicembre 2009

Su la testa!



di Annalisa Magri, Segretario del Circolo PRC-FdS di Montecchio Emilia

Cari compagni e care compagne,

sabato 5 dicembre è stata per tutti noi una di quelle giornate che sai che rappresenta l’inizio di qualcosa o, per meglio dire, l’inizio di qualcos’altro. E per noi comunisti, per noi di Rifondazione, ha rappresentato il battesimo di un rilancio che abbiamo deciso al congresso di Chianciano del 2008 e per il quale il corpo del partito ha lavorato quest’ultimo anno.

Sabato 5 Dicembre al Teatro Brancaccio di Roma ci siamo ritrovati in migliaia per salutare la nascita, di fatto, della Federazione della Sinistra che mette insieme Rifondazione Comunista, i Comunisti Italiani, Socialismo 2000 e Lavoro e Solidarietà - che sono i soggetti politici promotori, - ma che ha come obiettivo quello di aggregare tutti i soggetti anticapitalisti e antipatriarcali che si pongono in autonomia culturale e politica rispetto alle destre e alla socialdemocrazia.

Compagni, la Federazione unisce, getta le basi per la ricostruzione di una sinistra che abbia una massa critica minimamente significativa; è, dunque e finalmente, tutto il contrario delle scissioni di tutti questi anni che hanno inesorabilmente disintegrato la credibilità della sinistra in generale, ma anche quella di noi comunisti.

Da un anno a questa parte il nostro partito sta ostinatamente dentro la crisi e complessivamente si può dire che il PRC sia ripartito e lo ha fatto investendo in maniera complessiva, strutturando la propria forma organizzativa a sostegno delle vertenze e dei conflitti, costruendo e mostrando un sistema alternativo all’interno delle contraddizioni che la crisi apre nei confronti delle classi dominanti.

Dunque, le nostre idee sono buone, ma per essere credibili dobbiamo essere più forti, dobbiamo contare di più e conteremo di più solo se il PRC non resterà autoreferenziale. La Federazione della Sinistra offre questa occasione: al Brancaccio abbiamo gettato le fondamenta di questo straordinario progetto riaggregativo, facciamolo vivere nelle lotte e in tutti i territori!

Ma la straordinarietà del 5 dicembre non si è limitata alla prima assemblea nazionale della Federazione della Sinistra, l’altro fatto positivo è stata la straordinaria manifestazione contro Berlusconi, organizzata spontaneamente dal popolo della rete, di internet, dei blog e di Facebook.

Abbiamo scoperto che c’è un popolo che non si rassegna ad un presidente del consiglio che va a trovare i dittatori, che ha il più grande conflitto d’interessi mai visto prima in una democrazia occidentale, che fa leggi ad personam per salvare se stesso e tutto il suo mondo di illeciti, corruzione, puttane e mafia. E noi dobbiamo riconnetterci con quel popolo!

Il 5 dicembre è stata una gran bella giornata, abbiamo messo assieme una proposta unitaria per la sinistra e abbiamo fatto una grande manifestazione contro Berlusconi e il berlusconismo, con tante, tante bandiere rosse.

So che i giornali nazionali di grande tiratura e che la Tv ci ha, come al solito, censurati, ma noi ci eravamo ed eravamo quasi un milione. Non arrendiamoci e facciamolo sapere a tutti, fate girare le foto che avete fatto, ditelo ai compagni anziani che non sono potuti venire, gridiamolo forte e martellante sulla rete: a Roma il 5 dicembre c’era un fiume di BANDIERE ROSSE!!

Compagni, SU LA TESTA!

Ascolta gli interventi dell'assemblea


giovedì 3 dicembre 2009

Quale sicurezza?

Nei mesi scorsi ci siamo trovati spesso d’accordo nei consigli comunali con il Partito Democratico nel ritenere quello della sicurezza un falso problema utilizzato dalla destra a scopi elettorali. Allo stesso modo abbiamo trovato una giusta convergenza nel prendere posizione contraria alla proposta leghista delle ronde per il controllo del territorio.Oggi scopriamo che le giunte a guida PD della Val d’Enza investono una cifra enorme, superiore a quella stanziata per le misure anticrisi, in un apparato di videosorveglianza che ha lo scopo di fare sentire più sicuri i cittadini.Qual è la differenza tra le ronde, che nessuno ha voluto, e le telecamere, che invece ora il PD fa installare? C'è un problema criminalità in Val d'Enza?Davvero un impianto di videosorveglianza da 500.000 euro contribuisce a rendere più sicuro il nostro territorio? O paradossalmente alimentano implicitamente il sentimento di insicurezza già fortemente condizionato da massmedia che creano quotidianamente sospetto, diffidenza e paura?E’ questa la risposta che il centro sinistra intende dare al disagio dilagante prodotto da una società che precarizza gli uomini e le donne, li rende incerti e assoggettati alla paura?Riteniamo che questa misura rappresenti un grave errore politico delle giunte di centro-sinistra: se destra e sinistra non sono concetti relativi non è possibile proporre nei nostri comuni le ricette leghiste.La polizia municipale diffonda i dati sui reati, sulla microcriminalità. Se, come crediamo, la Val d’Enza non va in controtendenza rispetto al resto del paese, scopriremo che sono in costante diminuzione. Si diffondano questi dati, si faccia contro informazione rispetto alla martellante campagna di paura diffusa dalle televisioni.Da qui si parta per proporre nei nostri comuni altre ricette, che si fondino sulla solidarietà, sull’ospitalità, sull’integrazione. Si finanzino progetti e centri di aggregazione per combattere il disagio giovanile, si promuovano azioni a sostegno dei lavoratori in difficoltà, si sostengano attività a sostegno dell’integrazione degli stranieri. Invece di installare telecamere animiamo gli spazi che ora sono lasciati a se stessi e rendiamo fruibili le strade e le piazze delle città e dei paesi.Questi sono i motivi della nostra contrarietà alle telecamere e queste sono le nostre proposte alternative.
Partito della Rifondazione Comunista, circoli di Bibbiano, Campegine, Canossa, Cavriago, Gattatico, Montecchio Emilia, San Polo d’Enza, Sant’ilario d’Enza.

martedì 24 novembre 2009

No Berlusconi Day - Manifestazione Nazionale Opposizione Sociale

A tutti i partiti politici dell’opposizione

Ai sindacati
Alle associazioni
Alla società civile

La crisi economica sta determinando una sofferenza sociale sempre maggiore. L’aumento della precarietà, la perdita di posti di lavoro, salari e pensioni con cui si fatica ad arrivare a fine mese sono il panorama comune a tutto il Paese.
Il Governo invece di intervenire per risolvere questa situazione la aggrava con tagli alla spesa sociale e all’istruzione, con la compressione di salari e pensioni di cui l’attacco al contratto nazionale di lavoro è solo l’ultimo atto. Inoltre, questo Esecutivo si adopera a fomentare la guerra tra i poveri con provvedimenti razzisti e xenofobi sull’immigrazione.
Come se non bastasse, il Governo ha varato provvedimenti come lo scudo fiscale che legalizzano l’evasione fiscale e il malaffare, ha stanziato una quantità enorme di denaro per le banche, per l’acquisto di cacciabombardieri e per grandi opere inutili come il ponte sullo stretto di Messina.
Il Governo contribuisce, quindi, ad aggravare la crisi, difende i poteri forti e parallelamente si adopera per demolire la democrazia italiana portando a compimento la realizzazione del piano della P2 di Licio Gelli. Le proposte di manomissione della Carta Costituzionale si accompagnano ad una quotidiana azione di scardinamento della Costituzione materiale, al tentativo di mettere il bavaglio alla libera informazione, di limitare l’autonomia della Magistratura, di snaturare il ruolo del sindacato e di ridurre al silenzio i lavoratori.
Per contrastare quest’operazione che è allo stesso tempo antidemocratica, fascistoide e socialmente iniqua, riteniamo necessario costruire una risposta politica generale, forte e unitaria.
Siamo impegnati a costruire un’opposizione di massa per ripristinare la democrazia nel paese e nei luoghi di lavoro e che obblighi il Governo a cambiare la politica economica e sociale.
Ecco perché chiediamo le dimissioni di Berlusconi anche alla luce della sua manifesta indegnità morale a ricoprire l’incarico di Presidente del Consiglio.
E proponiamo a tutte le forze di opposizione di convocare per il prossimo 5 dicembre una manifestazione unitaria contro la politica del Governo e per chiedere le dimissioni del Presidente del Consiglio.

Antonio Di Pietro - Paolo Ferrero

Stiamo organizzando i pullman per il No Berlusconi Day. Per informazioni o prenotazioni chiamare il 348 1728077 o scrivere a montecchio@rifondazione.re.it

venerdì 20 novembre 2009

Rifondazione Comunista con le lavoratrici e i lavoratori della UniMac Gherri

Rifondazione Comunista ha partecipato stamattina al presidio dei lavoratori della UniMac Gherri davanti allo stabilimento di Montecchio. La UniMac Gherri, ha annunciato la chiusura entro la fine della anno dell'unità produttiva di Parma (18 dipendenti, da luglio in cassaintegrazione a zero ore) per accentrare tutte le attività sulla sede di Montecchio Emilia (20 dipendenti, in parte, da oggi, in cassaintegrazione) .
Il blocco dei licenziamenti, l'estensione della cassa integrazione a tutti i lavoratori e le lavoratrici che perdono il posto di lavoro, la creazione di un salario sociale per i disoccupati, la richiesta di un aumento salariale e pensionistico generalizzato, la lotta alla precarietà, sono i punti principali della nostra proposta e delle nostre rivendicazioni.
Il Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea si schiera al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici della UniMac Gherri di Montecchio Emilia e sostiene tutte le forme di lotta che verranno democraticamente decise e che i lavoratori intenderanno portare avanti per ottenere condizioni economiche e sociali che, salvaguardando il lavoro ed il salario, garantiscano a loro ed alle loro famiglie dignità e futuro.
Chiediamo alla proprietà di proporre un piano industriale di uscita dalla situazione di crisi che tuteli tutti i lavoratori interessati.
Chiediamo inoltre al Sindaco di Montecchio, che in mattinata ha portato il suo saluto ai lavoratori, di impegnarsi per la riapertura del tavolo istituzionale.

giovedì 19 novembre 2009

Rifondazione Comunista per l'acqua bene comune


Il governo Berlusconi, sordo come era facile prevedere alle migliaia di proteste dei cittadini e della società civile arrivate in queste settimane contro il ddl Ronchi, che di fatto privatizza le acque pubbliche italiane, ha posto la questione di fiducia al Senato, blindando il decreto. Come Rifondazione comunista abbiamo aderito con convinzione all'appello lanciato dal Forum italliano dei movimenti per l'acqua che ha chiesto al Parlamento italiano di ritirare il decreto legge 135, decreto con il quale si privatizza l'acqua in tutt'Italia. La difesa dell'acqua come bene comune è stata una delle battaglie caratterizzanti la storia di Rifondazione comunista. La scelta del Senato di privatizzare l'acqua oltre ad essere sbagliata e pericolosa in quanto fa diventare un bene essenziale e comune a tutti i cittadini un privilegio e profitto per pochi, è anche in controtendenza verso scelte che altri Paesi che precedentemente avevano optato per la strada della privatizzazione dell'acqua, che oggi sono tornati sui propri passi e che stanno ripubblicizzando i servizi idrici- Rifondazione comunista è stata e sarà presente in tutte le mobilitazioni in difesa dell'acqua pubblica e chiederà a tutti i propri eletti negli enti locali di impegnarsi a sostenere la difesa dell'acqua come bene comune e bene pubblico. Il Prc, infine, s'impegna a far diventare il tema dell'acqua pubblica uno dei temi forti della manifestazione del prossimo 5 dicembre, il No Berlusconi Day.

Ordine del Giorno presentato in Consiglio Comunale su principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico

mercoledì 11 novembre 2009

Il lavoro e la crisi: esigiamo le risposte



In Italia, nell’ultimo trimestre 2008, nelle regioni centro settentrionali è cresciuta la disoccupazione, mentre in quelle meridionali, vi è stata un’emorragia di occupati; nel Paese il tasso di disoccupazione del secondo trimestre 2009 risulta essere al 7,4%, sulla popolazione attiva. In questo modo si potrebbero determinare le condizioni per un aumento di un milione in più di disoccupati.Grandi gruppi industriali, inoltre, sono a rischio di chiusura per le politiche speculative dei padroni (vedi il caso dei diecimila lavoratori del Gruppo Eutelia/Agile/Phonemedia, che oltre alla minaccia dei licenziamenti hanno subito in questi giorni, presso la sede di Roma, una vile aggressione squadrista).
La FIAT si rifiuta di presentare il piano industriale e stabilimenti, come quello di Pomigliano, vanno in cassa integrazione straordinaria.

Ci battiamo per:

Bloccare i licenziamenti per i prossimi 36 mesi.

Contrastare le delocalizzazioni, prevedendo che le imprese che delocalizzano siano tenute a restituire tutti i contributi e sostegni economici ricevuti.

Generalizzare gli ammortizzatori sociali superando gli elementi di divisioni tra lavoratori con diverso rapporto di lavoro.

Riformare radicalmente l’indennità di disoccupazione ed istituire il salario sociale per i disoccupati.

Rilanciare il contrasto alla precarizzazione dei rapporti di lavoro e alla legge 30, superando la distinzione fittizia tra lavoro subordinato e parasubordinato.

Costruire strumenti d’intervento pubblico per la riconversione ecologica dell’economia.

domenica 8 novembre 2009

Noi e la caduta del muro

di Paolo Ferrero, Segretario Nazionale Rifondazione Comunista

Il 9 novembre, vent'anni fa, cadeva il muro di Berlino. In quell'elemento simbolico è racchiusa la fine di un regime socialista in cui - nella migliore delle ipotesi - la giustizia sociale era contrapposta alla libertà. In questa incapacità di coniugare libertà e giustizia sta al fondo il fallimento del tentativo novecentesco di transizione al socialismo. Noi, che siamo nipoti della lotta partigiana - quante lapidi ci sono nel nostro paese su cui sta scritto "morto per la libertà" - abbiamo salutato positivamente la caduta del muro. Il socialismo senza la libertà semplicemente non è socialismo: è un tentativo di andare oltre il capitalismo che ha imboccato la strada sbagliata ed è abortito. Così non poteva andare avanti e così non si andava da nessuna parte. Senza libertà nessun socialismo. Giusto quindi picconare il muro e bene che il muro sia caduto; bene che i dirigenti della Ddr abbiano scelto di non sparare, preferendo perdere il potere piuttosto che cercare di mantenerlo con una strage.
Nel mondo la caduta del muro è stata salutata come la vittoria della libertà sulla barbarie, come la possibilità di un nuovo inizio per la storia del mondo basato sulla libertà e la cooperazione. Sappiamo che non è andata così. Gli Stati Uniti hanno colto l'occasione della sconfitta del nemico storico per rilanciare la propria egemonia incontrastata su scala mondiale e il capitalismo ha preso da questo passaggio l'abbrivio per aprire una nuova fase della propria storia, quello della globalizzazione neoliberista. I cantori del capitalismo hanno colto l'occasione per dire che eravamo alla fine della storia. Marx aveva speso la vita e scritto migliaia di pagine per dire che il capitalismo non era un fenomeno naturale, bensì un modo di produzione storicamente determinato e quindi superabile. La caduta del muro è stata usata per "rinaturalizzare" il capitalismo, per affermare su scala globale che viviamo nel migliore dei mondi possibili; per affermare che essendo il capitalismo naturale, ogni tentativo di superarlo diventa un atto "contro natura" e in quanto tale barbarico. Gli anni '90 sono stati caratterizzati da questo unico grande messaggio, trasmesso a reti unificate dal complesso dei mass media e da tutte le forme di produzione culturale, cioè di costruzione dell'immaginario individuale e collettivo, a partire dall'industria cinematografica. La caduta del muro è stato l'evento simbolico utilizzato per costruire una grande narrazione di rilegittimazione del capitalismo. Kennedy non è più il presidente della guerra di aggressione al Vietnam o l'aggressore di Cuba con l'avventura della Baia dei Porci. Kennedy è celebrato come il paladino della libertà e il suo discorso berlinese ne è il suggello.
Dietro il paravento della libertà, sono riapparse, anche in occidente, incredibili differenze sociali e livelli di sfruttamento del lavoro che pensavamo seppelliti per sempre dopo le lotte degli anni '70. Nella vulgata la libertà d'impresa è diventata il presupposto della libertà dei popoli. Questa narrazione ha un sapore mortifero di falsa coscienza: che Israele costruisca muri per imporre l'apartheid in Palestina e che gli Stati Uniti costruiscano muri per impedire l'immigrazione dal Messico non fa più problema. Ogni muro è diventato lecito per l'impero del bene. In Italia questo fenomeno ha assunto dimensioni maggiori che in altri paesi in virtù della proposta di Achille Occhetto - accolta dalla maggioranza del suo partito - di sciogliere il Pci in nome di questo nuovo inizio, appiattendo così tutta la storia del movimento comunista italiano sul fallimento del socialismo reale. La storia del nostro paese è stata integralmente riscritta, la lotta partigiana è stata denigrata nel suo valore simbolico di rinascita della nazione e così si è aperta la strada all'aggressione della Costituzione. La cancellazione della memoria del paese e la sua ricostruzione fatta dai vincitori ha sdoganato ideologie razziste e comportamenti xenofobi che pensavamo definitivamente finiti nella pattumiera della storia dopo la barbarie nazista.
Il fascismo, lungi dal presentarsi come una parentesi della storia patria, si evidenzia sempre più come una delle possibilità inscritte nel sovversivismo delle classi dirigenti di un paese che - come sottolineava Gramsci - non ha vissuto la riforma protestante e il cui risorgimento non è stato fenomeno di popolo, ma di ristrette élite. La democrazia e la stessa costruzione di un'etica pubblica in questo paese è concretamente il frutto delle lotte del movimento operaio, socialista e comunista. La loro disgregazione apre la strada a populismi di tutti i tipi, di destra come di sinistra.
In questo imbarbarimento del costume e dei rapporti sociali nel nostro paese e nel mondo, nella crisi capitalistica in atto, vediamo confermata quotidianamente non solo la possibilità ma la necessità di battersi per superare il capitalismo.
In questa dialettica sta il nostro giudizio politico sulla caduta del muro di Berlino: è stato un fatto positivo e necessario, da festeggiare, ma non costituisce di per sé un nuovo inizio per l'umanità. Mi pare che questa sia anche la consapevolezza dei compagni e delle compagne della Linke: nessuno propone di tornare a prima, ma nella Germania riunificata occorre organizzarsi e lottare - all'Est come all'Ovest - contro il capitalismo e la guerra, per costruire un socialismo democratico.
Fuori da questa comprensione dialettica della positività della caduta del muro e della chiara consapevolezza che questo non segna nessun nuovo inizio, non esiste nessuna possibilità di porsi oggi il tema della trasformazione sociale e del superamento del capitalismo. Fuori da questa comprensione dialettica possiamo solo diventare anticomunisti o far finta che i regimi dell'Est non abbiano fallito nel tentativo di costruzione del socialismo. Il pentitismo e la nostalgia indulgente sono i rischi che abbiamo dinnanzi a noi: nella loro apparente opposizione rappresentano in realtà la negazione della possibilità di lottare per il socialismo, per una società di liberi e di eguali.
Da questa comprensione dialettica della caduta del muro scaturisce la nostra scelta della rifondazione comunista.
Dopo il fallimento del tentativo di fuoriuscita dal capitalismo che ha dato luogo ai regimi dell'Est non basta definirsi comunisti: occorre porsi l'obiettivo teorico, politico ed etico della rifondazione del comunismo e dell'antropologia dei comunisti e delle comuniste. L'obiettivo cioè di superare il capitalismo coniugando libertà e giustizia. L'utilizzo di due parole - rifondazione comunista - anziché una per definirci non è un lusso o una complicazione: è il modo più corretto per esprimere oggi il nostro progetto politico, in cui sappiamo dove vogliamo andare e sappiamo cosa non dobbiamo rifare. Il comunismo dopo i regimi del socialismo reale è uscito dalla fase dell'innocenza. Compito nostro, novantadue anni dopo la Rivoluzione Russa, il cui anniversario cade oggi, è farlo diventare adulto. E' un compito per cui val la pena spendere la vita.

venerdì 30 ottobre 2009

Caso Cucchi, lettera - appello al Presidente della Repubblica

Illustrissimo Signor Presidente,
le fotografie diffuse ieri con estremo coraggio dalla famiglia di Stefano Cucchi impongono una reazione delle coscienze.

Come Lei con la Sua biografia ci ha più volte insegnato, impongono in primo luogo una reazione della coscienza del nostro Paese, Repubblica democratica e antifascista per la cui nascita migliaia di martiri hanno offerto il sacrificio delle loro vite e migliaia di eroi hanno conosciuto la reclusione e l’internamento nelle carceri del regime. Anche in virtù di quel sacrificio, oggi possiamo dire che il tasso di democrazia di un Paese civile si misura dalle condizioni delle sue carceri, dal rispetto che lo Stato assicura a ciascun detenuto.

Se leggessimo con questo metro di giudizio la vicenda di Stefano Cucchi, dovremmo ritenere l’Italia un Paese schiavo, servo della barbarie e dell’arbitrio. Le Istituzioni che Lei rappresenta devono reclamare, insieme alla famiglia e insieme ad ogni cittadino democratico, verità e giustizia.

Ci rivolgiamo a Lei, Signor Presidente, affinché sia fatta piena luce su questo episodio drammatico. Affinché noi giovani si possa cancellare questa assurda vergogna di sentirsi italiani.



Le porgiamo, ringraziandoLa, i nostri più sentiti saluti antifascisti,

***
Flavio Arzarello
Simone Oggionni
Stefano Perri
Tito Russo
Gianluca Schiavon
Anna Belligero
Danilo Borrelli
Giampiero Cesario
Francesco D’Agresta
Virginia De Cesare
Federico Del Giudice
Andrea Devoto
Mariano Di Palma
Alessandro Esposito
Andrea Filippini
Luna Grassi
Matteo Iannitti
Giordano Lorefice
Daniele Maffione
Francesco Maringiò
Emanuele Pagano
Enrico Pellegrini
Angela Rosa Sinisi
Alessandro Squizzato
Matteo Tanzini
Monica Usai
Stefano Vitale
Marco Sferini
Gianmaria Pace

Per aderire all'appello invia una mail a montecchio@rifondazione.re.it specificando "Verità e giustizia per Stefano Cucchi"

Con la Fiom, per la democrazia contro l'accordo separato



Nella settimana dal 9 al 13 novembre la FIOM promuove diverse iniziative su tutto il territorio reggiano contro l'accordo separato firmato da Fim e Uilm.Si tratta di sette manifestazioni con cortei che si terranno in alcune zone industriali della provincia: per le aziende della Val d'Enza la protesta si svolgerà nella zona industriale di Calerno.In contemporanea alle manifestazioni sarà presente per tutte le 5 giornate un presidio permanente in una piazza del centro storico di Reggio sul tema della crisi e del “No ai licenziamenti”, relativo a tutte le realtà della provincia che affrontano i processi di crisi e di ristrutturazione.Rifondazione Comunista appoggia totalmente i lavoratori in lotta e le rivendicazioni del sindacato dei metalmeccanici FIOM, affermando ancora una volta la ritrovata presenza del partito nei luoghi di lavoro, nei conflitti e nelle vertenze.

sabato 17 ottobre 2009

L'accordo firmato dai sindacati "gialli" è scandaloso e inaccettabile. Siamo con la Fiom.

di Paolo Ferrero, Segretario Nazionale PRC-SE

L'accordo separato firmato oggi tra gli industriali di Federmeccanica e Fim Cisl e Uilm, ormai ridotti al rango di sindacati "gialli" come negli anni Cinquanta, pronti ad accettare ogni ricatto e ogni richiesta dei padroni, è scandaloso, inaccettabile.
Questa firma corrisponde, peraltro, al peggiore frutto avvelenato dell'accordo separato firmato lo scorso 22 gennaio da Confindustria, Cisl e Uil, senza la Cgil e con la complicità partecipe del governo Berlusconi e del ministro Sacconi.
In tempi di gravissima crisi economica e sociale come questa, di fronte a salari sempre più da fame e ai profitti incredibili che gli industriali continuano a fare, si vogliono peggiorare ancora di più - e per contratto! - le condizioni salariali e di vita dei lavoratori metalmeccanici italiani.
Invitiamo tutti i lavoratori metalmeccanici a opporsi con ogni mezzo a questo accordo e ad appoggiare la lotta della Fiom-Cgil, lotta sacrosanta e giustissima contro questo accordo separata. Come Rifondazione comunista, in questa lotta saremo in prima fila.

domenica 11 ottobre 2009

Approprizione idebita di programma

Il sindaco di Montecchio Paolo Colli e la sua giunta hanno varato il “loro” programma di politiche anticrisi: sui giornali locali si legge di comitati anticrisi, di ottimizzazione di destinazione di risorse, di promozione di iniziative quali interventi di assistenza farmaceutica e esenzione da ticket, di esenzioni temporanee sulle tariffe dei servizi scolastici, di convenzioni con la Tesoreria per l’erogazione, a tasso di interessi zero, di somme destinate al pagamento delle bollette luce, acqua e gas per tutte le famiglie montecchiesi in difficoltà, oltre ad un concreto interessamento dell’Amministrazione Comunale nelle trattative sindacali nelle aziende in crisi sul territorio.
Rifondazione Comunista di Montecchio a questo punto dovrebbe chiedere i danni a tutela dei diritti d’autore sul proprio programma politico .

Le stesse identiche iniziative, ora tanto pubblicizzate dal sindaco Colli, bocciate in toto durante l’ultimo consiglio comunale, quasi sbeffeggiate dalla maggioranza che, anche in altre sedi, ha continuato a ripeterci “ è tutta ideologia, per fare certe cose ci vuole una copertura finanziaria che non c’è e non ci sarà,” sono state riprese pedissequamente dal nostro programma presentato per le Elezioni Comunali.

Abbiamo sempre sostenuto che, in generale, il programma del Pd montecchiese fosse assolutamente carente dal punto di vista delle proposte concrete e fattibili, che fosse un semplice coacervo di luoghi comuni privi di alcuna valenza pratica.

A questo punto il saccheggio e l’appropriazione indebita delle nostre idee e delle nostre proposte ha rafforzato in noi e speriamo anche nella cittadinanza montecchiese, questa convinzione oltre a aumentare la nostra profonda delusione per il comportamento di un Sindaco, di una Giunta e di Consiglieri di maggioranza che si erano proposti come i rappresentanti del “nuovo che avanza”

mercoledì 30 settembre 2009

CHE BUFALA!

Non è sufficiente sbandierare la partecipazione perché questo aspetto importante della vita collettiva sia realizzato. Ed è per questo che il Consiglio Comunale che si è svolto ieri sera ha dato l’impressione di essere una vera bufala per le opposizioni, prima ipocritamente invitate ad emendare il programma amministrativo di Colli, ovvero il sintetico e generico programma elettorale, e poi completamente ignorate e, a tratti, sbeffeggiate, dalla maggioranza dei Democratici Uniti. Tutti gli emendamenti presentati da Rifondazione Comunista hanno ricevuto il voto contrario da quella maggioranza che si era proclamata disposta ad “aprire” il programma per il quinquennio 2009-2014 ad integrazioni e modifiche, stessa sorte per PdL e Lega. Ben otto voti contrari, uno per ogni emendamento presentato, il più delle volte a prescindere dal contenuto ma spesso anche per manifesta ignoranza dei temi trattati.D’altra parte l’incipit del Sindaco avrebbe dovuto essere un indicatore importante delle reali intenzioni della sua maggioranza ovvero non mettere per nulla in discussione il suo scarno programma. Allora Rifondazione si chiede perché mai mettere in scena questa che è sembrata a tutti una grande buffonata? Perché impegnare i gruppi consiliari in un lungo lavoro di composizione degli emendamenti? Non solo è stato perso moto tempo utile del Consiglio Comunale, ma si è anche assistito ad un teatrino offensivo nei confronti delle minoranze alle quali è stato proposto di votare un documento finale, già censurato dalla stessa maggioranza. Tentativo maldestro di escludere la democrazia all’insegna del “volemose bene”, in barba ai diritti delle opposizioni e alla dignità stessa dell’organo di indirizzo politico per eccellenza del Comune, ovvero il Consiglio Comunale.
Rifondazione, dunque, non solo ha bocciato il programma del Sindaco, che non è mai sembrato dare risposte adeguate ai cittadini montecchiesi, ma condanna profondamente anche i metodi utilizzati all’interno del Consigli Comunale e, ancora una volta di più, richiede che quanto prima l’Amministrazione si doti di tutti quegli strumenti tecnologici di ripresa delle sedute consiliari affinché la trasparenza sia pienamente attuata e che i cittadini possano vedere e rivedere i Consigli Comunali attraverso internet per rendersi personalmente conto da chi sono e saranno governati per altri 5 anni.

martedì 29 settembre 2009

Su la testa compagni, la storia non è finita, crediamoci!

di Gianluigi Bettini - Segretario Federazione di Imola del PRC-SE

Vorremmo lanciare un sostegno morale a tutte quelle compagne e compagni che nei circoli e nelle federazioni vivono con difficoltà e pessimismo l'ipotesi di realizzare o meno la propria Festa di Liberazione territoriale: non mollate, compa'! La festa come momento di autofinanziamento è diventato strumento indispensabile per sopravvivere e resistere, poter avere quel minimo di agibilità e visibilità (l'affitto di una sede, poter pagare le bollette per luce acqua e internet, poter mettere in piedi qualche iniziativa politica durante l'anno con volantini, manifesti, sale, ecc). La nostra esperienza, come per tante e tanti, è passata attraverso abbandoni e pesanti sconfitte elettorali, ma rinunciare anche alla festa - proprio alla l8esima edizione, quella della "maggior età" - sarebbe stato come alzare bandiera bianca. Occorreva invece reagire.

Il tutto è cominciato la sera della sconfitta elettorale alle europee di giugno: annusata l'aria dai primi risultati, è partita una catena di sms e telefonate, per trovarci in sede per vivere collettivamente questa seconda batosta, l'esclusione dal Parlamento europeo. Il simbolo unitario non era bastato, il nostro simbolo, dove ci eravamo presentati da soli nemmeno, e tra gelato e sangria, tra chi aveva lavorato duro in campagna elettorale, era già nata quella sera una voglia di riscatto, di mostrare con orgoglio che comunque non eravamo ancora finiti. Che avevamo molto da dire, da fare nella società,nella crisi. Dopo le imprecazioni, il magro bilancio economico della federazione, eh no, la festa s'ha da fare.
Tutti d'accordo, ma conti alla mano però, disponibilità a coprire almeno 25, 30 postazioni per dieci giorni, almeno sulla carta, non ce n'erano proprio, nemmeno contando sui compagni del Pdci. La proposta di fare solo due fine settimana è scartata, i pessimisti sono in minoranza, dieci giorni come gli anni passati, non c'è pezza, vince l'incoscienza, ma anche la forza della dignità e dell'orgoglio.
Si abbozza un manifesto, anzi rispetto al passato, a quattro colori: il simbolo unitario bello grande e uno slogan che nasce a notte tarda "Su la testa si fa festa!" E poi gi a testa bassa a chiedere preventivi, prenotare spazi, anticipare di tasca propria qualche spesa, chiedere indulgenza nei pagamenti dove si può .
Oltre al ristorante, al bar gestito dai Giovani Comunisti, alla libreria, alla porta - dove si può fare qualche soldo, c'è l'esigenza di fare iniziativa politica e di far discutere, si selezionano le iniziative, si affinano, si contattano gli ospiti, a casa di compagni per risparmiare sui costi dell'alloggio. Per la musica, spazio a gruppi rock emergenti, in cerca di un palco e con poche pretese, qualche amico con la chitarra che si offre per una cena e un modesto rimborso spese. Il montaggio, l'allestimento, le bandiere, la corrente che salta mezz'ora prima dell'apertura: Cesare, compagno elettricista, cambia una spina e la luce torna ovunque, per tutti è un segnale, dai che ce la facciamo. Chi aveva dato parola per la disponibilità ad esserci la mantiene, anzi si porta la figlia o la nipote più grande che un vassoio con tortellini e castrato lo sa portare, compagni e simpatizzanti orfani di feste da Riolo Terme, dalla Vallata del Santerno, dalla Bassa Romagna corrono a darci una mano.
E il sangue di San Gennaro si scioglie tutte le sere, aumentano presenze e pasti serviti rispetto all'anno scorso. Ai dibattiti su laicità e diritti, verità per Aldro, chi paga la crisi, la sinistra che vogliamo, la mia terra è la tua terra con le associazioni e cittadini migranti, arriva gente interessata a confrontarsi, ascoltare e discutere. Vengono a trovarci le Rsu della Metalli Preziosi per ringraziarci della mostra fotografica dedicata alla loro lo - grazie Francesca! - che campeggia al centro del Palagenius; in delegazione con il regionale andiamo al presidio della Cnh ad incontrare i lavoratori e fra questi Guido in sciopero della fame per strappare un incontro al Ministero (e ci riuscirà!). L'ultima sera, alla chiusura, grido e brindisi liberatorio: il senso della rivincita, del riscatto e dell'orgoglio è già nostro patrimonio, su la testa compagni, la storia non è finita, crediamoci.

lunedì 28 settembre 2009

Elezioni legislative in Germania e Portogallo: avanzano le forze comuniste e di sinistra

di Claudio Grassi e Marcello Graziosi

Il voto di ieri in Germania e Portogallo, due paesi che fanno parte dell'Unione Europea e che in questi mesi sono stati colpiti, pur se con modalità differenti, dalla crisi economica, ha fatto registrare un'avanzata delle forze comuniste e di sinistra, mentre la socialdemocrazia paga pesantemente, in entrambi i casi, il fatto di essere forza di governo assolutamente omologata al sistema neoliberista ed euro-atlantico.

In Germania, a pagare il prezzo maggiore per le politiche della Grande Coalizione sono proprio i socialdemocratici (SPD) di Steinmeier, inchiodati ad un umiliante 23% e 146 seggi, perdendo oltre il 10% di consensi e 76 seggi rispetto al 2005. Contemporaneamente, la vittoria dell'attuale Cancelliere Angela Merkel e del suo progetto di alleanza di governo organica con i Liberali (FDP) è dovuta assai più a questi ultimi che alle forze di centro-destra della CDU/CSU. I liberali, infatti, hanno ottenuto un brillante 14,6% e 93 seggi (dal 7,4% e 61 seggi del 2005), mentre CDU/CSU si sono fermate al 33,8% (contro il 35,2% del 2005), guadagnando però qualche seggio (239 contro 226).
In un contesto difficile, nel quale si registra anche la più bassa affluenza alle urne degli ultimi anni (72%), il risultato ottenuto dalla Die Linke di Gysi e Lafontaine acquista ulteriore valore, a conferma della crescita costante di questi ultimi anni. Alle elezioni legislative del settembre 2005 questa forza politica - sorta nel luglio dello stesso anno dalla fusione tra il Partito del Socialismo
Democratico (erede della SED, al governo in quella che era stata la DDR) e la WASG di Lafontaine, che aveva rotto con i socialdemocratici dell'allora Cancelliere Schroeder sulla riforma dello stato sociale - aveva ottenuto l'8,7% dei consensi e 54 seggi, determinando un elemento di grande novità nel panorama politico della Germania riunificata: per la prima volta dal secondo dopoguerra, un'organica rappresentanza politica collocabile a sinistra della SPD entrava a far parte del Bundestag. Da allora, la forza del partito è cresciuta ad est come ad ovest, fino alle europee ed alle regionali dell'estate appena trascorsa. Se alle europee la Linke ha ottenuto il 7,5%, passando da 7 a 8 europarlamentari, alle elezioni legislative svoltesi ieri ha visto accrescere i propri consensi fino all'11,9% e 76 seggi, candidandosi come la vera opposizione sociale e politica alle misure antipopolari che la nuova coalizione di governo tra CDU/CSU e Liberali sarà costretta ad adottare.

In Portogallo, in un contesto di forte astensione, si è assistito ad una forte polarizzazione del voto, dinamica in parte già emersa anche in occasione delle recenti elezioni europee. Il Partito Socialista (PS) di Socrates, da solo al governo nella legislatura appena terminata, ha perso la maggioranza assoluta, fermandosi al 36,56% e 96 seggi, contro il 45% e 121 seggi delle politiche anticipate del febbraio 2005. Un voto che segna una grande disillusione popolare nei confronti del partito e delle politiche adottate dal governo, tutte di segno neoliberale e di fatto in continuità di fatto con il precedente governo di destra, che hanno finito per impoverire il paese e colpire i diritti ed i salari dei lavoratori, come lo stato sociale. Sul fronte delle forze conservatrici e di destra, il Partito Socialdemocratico (PSD) ottiene un risultato non certo brillante (29% e 78 seggi), a tutto vantaggio del Centro Democratico Sociale (CDS/PP), che, con il 10,46% e 21 seggi, ottiene il miglior risultato dal 1982.
A sinistra del PS, avanzano tanto il Bloco de Esquerra (BE), formazione politica della sinistra radicale e di alternativa, quanto la Coalizione Democratica Unita (CDU), formata dal Partito Comunista Portoghese (PCP) con Verdi e indipendenti. La prima, confermando il buon risultato delle recenti europee (dal 4,9 al 10,8%; da 1 a 3 deputati), ha ottenuto quasi il 10% dei consensi e 16 seggi (contro il 6,4% e 8 seggi del 2005), mentre la CDU ha sfiorato l'8% dei voti aggiudicandosi 15 seggi (nel 2005 era al 7,57% e 14 deputati). A dimostrazione che le lotte contro le misure imposte dal governo socialista organizzate in questi anni dalla sinistra e dai comunisti
insieme al sindacato CGT-IN pagano anche elettoralmente. "Una politica ingiusta imposta con arroganza", ha commentato Jeronimo de Sousa, Segretario del PCP, a caldo, subito dopo l'esito del voto. Per poi aggiungere: "La perdita della maggioranza assoluta costituisce un elemento di grande importanza nel quadro della lotta contro le politiche di destra e per un cambiamento deciso nella vita politica nazionale". Una "rottura", insomma, con le politiche adottate in questi anni tanto dal precedente governo dei destra (PSD/CDS), quanto dall'attuale guidato dal PS, come elemento centrale per ogni discussione sul futuro dei paese e sui suoi assetti di governo. Tocca ai socialisti decidere se continuare a governare come hanno fatto fino ad oggi, magari imbarcando pezzi di centro-destra, oppure aprire una nuova fase nella vita del Portogallo.

venerdì 25 settembre 2009

Rifondazione Comunista con i lavoratori della SBC

Il Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea si schiera al fianco deilavoratori e delle lavoratrici della SBC di Montecchio Emilia e sostiene tutte le forme dilotta che verranno democraticamente decise e che i lavoratori intenderanno portare avantiper ottenere condizioni economiche e sociali che, salvaguardando il lavoro ed il salario,garantiscano a loro ed alle loro famiglie dignità e futuro.Solo la partecipazione attiva per la difesa dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, diritti conquistati dopo anni e anni di lotte, potrà farci uscire indenni da questa crisi.Il blocco dei licenziamenti, l'estensione della cassa integrazione a tutti i lavoratori e le lavoratrici che perdono il posto di lavoro, la creazione di un salario sociale per idisoccupati, la richiesta di un aumento salariale e pensionistico generalizzato, la lotta alla precarietà, sono i punti principali della nostra proposta e delle nostre rivendicazioni.Il PRC-SE invita tutti i lavoratori e le lavoratrici della provincia a sostenere le lotte non solo di questi lavoratori, ma anche quelle di tutti coloro i quali si trovano e/o si troveranno nella medesima situazione.Chiediamo a tutte le forze politiche e sociali democratiche di sostenere le ragioni deilavoratori e alle istituzioni di attivarsi per dare risposte concrete a chi, se perde il lavoro, perde tutto.

mercoledì 23 settembre 2009

Sull'iniziativa "Municipio Aperto"

Abbiamo letto e recepito con positività la nota stampa della Giunta in cui si portava all'attenzione dei cittadini l'iniziativa del sindaco di Montecchio Paolo Colli che con prassi inconsueta ha deciso di essere disponibile, insieme alla sua giunta, a ricevere il pubblico tutti mercoledì dalle 21 alle 24 nel periodo che va dal 23 settembre fino a mercoledì 28 ottobre.Si tratta di un segnale positivo, un primo passo verso quei criteri di trasparenza e di partecipazione diretta dei cittadini alla gestione della cosa pubblica che Rifondazione Comunista ha sempre chiesto e che ne hanno contraddistinto il programma elettorale delle ultime elezioni comunali.Ci auguriamo pertanto che questa iniziativa non resti una idea isolata e fine a se stessa o peggio ancora che si risolva in una mera trovata politica del momento.Invitiamo quindi, sull'onda dell'iniziativa "Municipio Aperto", Paolo Colli e la giunta ad attivarsi in tempi brevi per dare attuazione ad un progetto che permetta il rapido accesso agli atti comunali da parte dei cittadini, che garantisca l'attuazione di un il Bilancio Partecipativo, che attribuisca il dirittodi voto a tutti gli abitanti del paese e che consideri il referendum consultivo sulle questioni rilevanti di Montecchio istituto principe dell'espressione della volontà della cittadinanza. Nel frattempo Rifondazione Comunista, nella persona del suo capogruppo in consiglio comunale Giorgia Riccò, attende l'attuazione del proposito di videoripresa e di messa in rete su internet di tutte le sedute consiliari così come approvato nell'ordine del giorno sulla pubblicazione in internet degli atti e sulle sedute dei Consigli Comunali presentato da Rifondazione Comunista e approvato dal consiglio comunale nella seduta del 19 luglio 2009.

giovedì 17 settembre 2009

Ripartiamo dall'unità del partito

di Paolo Ferrero, Segretario Nazionale PRC-SE

Ieri abbiamo espresso la piena solidarietà e il pieno sostegno ai lavoratori della Lares e della Metalli Preziosi che a Milano hanno occupato la fabbrica e sono saliti sul tetto. Lo abbiamo fatto in queste settimane con i lavoratori e le lavoratrici di altre fabbriche, così come abbiamo partecipato ai presidi dei precari della scuola. La Fiom ha dichiarato lo sciopero generale della categoria per il 9 ottobre.
L'autunno è cominciato con lotte radicali che pongono con chiarezza il nodo della crisi: i lavoratori e le lavoratrici non la vogliono pagare. Si tratta di lotte tutt'altro che disperate dove è chiara la
questione centrale: "vogliamo lavoro e non assistenza" è la frase che mi sento ripetere.
In queste lotte vi sono compagni e compagne di Rifondazione Comunista: stiamo tornando ad essere un partito in grado di stare dentro i movimenti di lotta, di lavorare alla loro costruzione, al loro allargamento.
L'autunno però è appena cominciato: l'attacco all'occupazione è solo agli inizi. Dobbiamo quindi sapere che nelle prossime settimane le lotte aumenteranno e noi dobbiamo essere in grado di migliorare il lavoro politico nella costruzione del movimento. Lavorare per allargare il numero di occupazioni e di presidi, far conoscere le lotte, costruire sul piano territoriale momenti di mobilitazione e di riflessione comune tra i diversi soggetti in lotta, costruire casse di resistenza, momenti di dibattito nei posti di lavoro non interessati dalle lotte. Dobbiamo indirizzare il lavoro politico del partito a tutto questo, per favorire la crescita del conflitto, costruire i comitati unitari contro la crisi con tutti i soggetti disponibili, produrre idee e progetti che individuino sbocchi positivi e realizzabili. In piena collaborazione con tutte le organizzazioni sindacali disponibili a costruire il conflitto, dobbiamo lavorare all'allargamento del movimento.

Il processo di rilancio della rifondazione comunista, di costruzione di una sinistra di alternativa, di opposizione al berlusconismo, riparte da qui.
Per ciò abbiamo bisogno di un partito che funzioni e di una proposta politica all'altezza del livello dello scontro. Domenica, il Comitato Politico nazionale di Rifondazione ha posto le condizioni per questo salto di qualità. Abbiamo deciso con una larga maggioranza - ben oltre l'80% - la gestione unitaria del partito. Si tratta di un fatto importantissimo perché segna una decisa inversione di tendenza rispetto a quanto successo negli ultimi cinque anni di vita del partito: maggioranze sempre più ristrette e grandi risse interne.
Questo cambio di passo proponiamo che venga colto e applicato a tutti i livelli: il partito è di tutti e di tutte; tutti e tutte devono essere chiamati a farlo funzionare. La gestione unitaria deve rappresentare un modo di essere per un partito che fa del pluralismo interno una ricchezza e non una clava per emarginare chi dissente. La gestione unitaria deve rappresentare la strada maestra attraverso cui ricollocare pienamente il partito nel conflitto sociale. Dentro la crisi non serve un partito di commentatori politici che si dilania in feroci e ripetitive discussioni: serve un partito che individua le contraddizioni e vi si colloca fino in fondo. A Chianciano abbiamo detto che occorreva fare una svolta "in basso a sinistra": dobbiamo realizzarla compiutamente.
Domenica abbiamo anche assunto la decisione di costruire la federazione della sinistra di alternativa: una federazione che si ponga l'obiettivo di costruire un polo politico autonomo dal Pd e ad esso strategicamente alternativo, che si ponga in continuità con la storia del movimento operaio italiano, che si costruisca dal basso in un processo partecipativo che metta la parola fine alla sequela di scissioni che ha devastato la storia del nostro partito. Con questa proposta - maturata in un confronto interno a tutto tondo e che deve allargarsi a tutto il corpo del partito - vogliamo rispondere alla domanda di unità che ci viene dalle lotte, nella piena valorizzazione di Rifondazione comunista: la federazione vuole unire la sinistra di alternativa senza chiedere scioglimenti o abiure a nessuno.
Domenica abbiamo infine deciso di rilanciare il processo della rifondazione comunista, dell'elaborazione di una proposta strategica in grado di porre il tema dell'alternativa dentro la crisi del capitale e di rilanciare una lotta strategica contro il bipolarismo e per la proporzionale. Il bipolarismo è il "luogo" dove è nato e cresciuto il berlusconismo e lo strumento attraverso cui la politica si è autonomizzata dai conflitti sociali, determinando così la crisi della politica che conosciamo. Il bipolarismo è la tenaglia con cui hanno provato a distruggere la sinistra di alternativa e i comunisti.
Proponiamo quindi a tutte le forze di opposizione una lotta contro il bipolarismo finalizzata ad una legge elettorale proporzionale. Non vi è alcuno spazio per proporre alla sinistra moderata un accordo per governare insieme l'Italia ma ci sono lo spazio e la necessità di riscrivere le regole istituzionali al fine di garantire il quadro costituzionale e democratico del Paese.
Vi sono quindi tutte le condizioni per rilanciare con forza il nostro progetto politico: gestione unitaria per rilanciare il partito, costruire un movimento di massa nel Paese, costruire dal basso la federazione della sinistra di alternativa, combattere il bipolarismo e il berlusconismo. Buon lavoro.

mercoledì 16 settembre 2009

Presentata una mozione per il testamento biologico

Il gruppo consigliare del PRC di Montecchio ha anche depositato in consiglio comunale una mozione per l'istituzione del registro telematico delle dichiarazioni anticipate di trattamenti sanitari (testamento biologico). La maggior parte dei paesi Europei e la quasi totale maggioranza di quelli appartenenti alla Comunità Europea, hanno già approvato da anni una serie di provvedimenti legislativi che fanno riferimento a quello che viene comunemente definito Testamento Biologico.L'Italia, come in molti altri campi che riguardano le mere libertà personali e quindi anche quella di disporre in totale autonomia del propria persona, è restata fanalino di coda, vuoi per motivi legati alla dipendenza dei politici ai dettati del Vaticano e delle suegerarchie più retrive e reazionarie, vuoi per carenza di una reale e tangibile visione delle problematiche legate al "fine vita".La nostra Costituzione riconosce, all'art 32, la possibilità di rifiutare un determinato trattamento sanitario soprattutto se in contrasto con i limiti imposti al il rispetto della persona umana.Il recente e drammatico caso di Eluana Englaro ha posto l'attenzione sulla necessità di regolamentare in maniera laica e al di fuori di ogni preconcetto o imposizione di tipo confessionale i casi in cui per diverse ragioni il malato perda la capacità di esprimere lapropria volontà di rifiutare determinate terapie.Dopo le sparate propagandistiche e ideologiche del governo durante e appena dopo la vicenda Englaro, la discussione parlamentare si è arenata nei mille rivoli dei cavilli e dei distinguo delle forze politiche tra le quali si è venuto a creare uno schieramentotrasversale sia tra i favorevoli ad una legge garante dei dettami costituzionali e delle libertà personali, sia tra i fautori di una legge "confessionale" quindi più restrittiva e illiberale.Rifondazione Comunista ritiene, alla luce dei fatti, che sia necessario approvare in tempi brevi una legge svincolata da false imposizioni etiche e morali di matrice confessionale e che in essa vengano stabilite in modo chiaro e intangibile le modalità di redazione e di registrazione del testamento biologico e di nomina del fiduciario, così che ciascuno possa dichiarare, ora per allora, la propria volontà circa le terapie da accettare o rifiutare insituazioni di incapacità decisionale, vincolando i medici ad attenersi alla volontà espressa.

Mozione per l'introduzione del registro telematico delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitaro (testamento biologico)

lunedì 14 settembre 2009

Emendamenti alle linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato - anno 2009/2014

di Giorgia Riccò, capogruppo PRC-SE nel Consiglio Comunale di Montecchio Emilia

Nel prossimo Consiglio Comunale, il terzo dall’inizio del mandato, verranno approvate le Linee Programmatiche dell’attuale amministrazione, cioè le dichiarazioni di intenti, gli indirizzi pragmatici, i progetti che, chi ha vinto le elezioni, intende realizzare in questi cinque anni di gestione della cosa pubblica.

Durante il secondo Consiglio Comunale, il Sindaco ha rivolto a tutti gli eletti rappresentanti delle varie forze politiche, l’invito a partecipare alla stesura di tale programma (il suo programma!) salutando questa singolare iniziativa, come segno di profonda e democratica apertura, in discontinuità con il passato.

Ora, sembra evidente che un Sindaco eletto dai cittadini sulla base di un, seppur sintetico, programma, debba già possedere idee chiare in merito alle azioni da realizzarsi nel corso del mandato, quindi, o invita i Consiglieri a contribuirvi “pourparler”, tanto per dare l’impressione di una generale e fraterna condivisione di intenti cui non seguirà alcunché di pratico, o Egli ritiene seriamente che il contributo politico di forze di destra e di sinistra possa nella sostanza equivalere.

Data la gravità delle conseguenze che deriverebbero dal credere verosimile questa seconda ipotesi, abbiamo preferito valutare l’invito nell’ottica della prima interpretazione: seguirà un nulla di fatto (se le intenzioni fossero state reali, avremmo passato l’estate discutendo attorno a tavoli di confronto politico ….) ma non si potrà certo dire che non ci siamo impegnati nel fornire idee e suggerimenti a chi è uscito vincitore dalle urne e che, ad oggi, non è ancora riuscito ad arricchire quelle due tristi paginette di programma elettorale.

Emendamenti alle linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato - anno 2009/2014

giovedì 10 settembre 2009

Il congresso Cgil di fronte ad un bivio, subire o lottare

di Giorgio Cremaschi, Segreteria Nazionale FIOM-CGIL

E' cominciata nella Cgil la discussione sul congresso. Un congresso sul quale si appuntano attenzioni diverse, alcune amichevoli, altre malevole, comunque tutte profondamente interessate a cosa succederà nel principale sindacato italiano.Il nodo del congresso può essere così riassunto: dopo l'accordo separato sul sistema contrattuale e nel pieno della più grave crisi economica degli ultimi decenni quali sono il programma, l'iniziativa di un sindacato che non si rassegna ad accomodarsi all'esistente? Con l'accordo separato Cisl, Uil, governo e Confindustria stanno tentando di stabilire un nuovo regime di collaborazione sindacale che dà per scontato che l'eguaglianza dei diritti dei salari e delle garanzie sociali debba essere progressivamente abbandonata in nome di una competitività attenuata dall'assistenza e dalla sussidiarietà. L'aggravarsi degli effetti sociali della crisi, invece che spingere verso una riforma profonda delle politiche economiche, sta portando a una riaffermazione brutale degli stessi meccanismi che l'hanno generata. Si mandano messaggi tranquillizzanti sulla ripresa perché si vuole ricominciare, come prima, peggio di prima, a speculare sul lavoro e sui diritti. Così il nuovo slogan vincente - legare ancor di più il salario alla produttività - propone in realtà una brutale selezione sociale nel mondo del lavoro. Si daranno soldi e diritti solo a quella parte del mondo del lavoro che si salverà nella guerra della competizione, mentre per tutti gli altri ci sarà sempre meno. La frantumazione sociale e la precarietà, la guerra tra i poveri, le gabbie salariali, l'aziendalismo, sono tutte conseguenze e aspetti della stessa scelta di fondo: mantenere in piedi l'economia liberista anche quando questa non è più in grado di mantenere la promessa di alti ritmi di sviluppo. Cisl e Uil, al di là della propaganda, sono rassegnate al fatto che il sindacato non possa più modificare rapporti di forza e scelte di fondo, e quindi possa solo adattarsi ad amministrare la frantumazione sociale. Da qui la rinuncia a difendere il contratto nazionale e la scelta non tanto a favore della contrattazione aziendale, ma del salario di merito e aziendalistico. Il progetto del governo, sulla distribuzione delle azioni al posto dei salari, suggella questo disegno. Esso non c'entra nulla con la partecipazione e la democrazia industriale. Da quando in qua i piccoli azionisti hanno contato qualcosa nelle grandi imprese? Il progetto in realtà attiene ad un'altra scelta, quella di addossare ancor di più ai lavoratori i rischi del mercato dell'impresa. Si chiede ai lavoratori prima di rinunciare al salario del contratto nazionale in nome del salario di produttività, poi di sostituire quest'ultimo con le azioni. Si chiede ai lavoratori, semplicemente, di rinunciare al salario certo e di essere ancor di più disponibili a rischiare la propria condizione sociale per la competitività nell'impresa. Mentre l'intervento pubblico ha salvato la grande finanza, mentre per i ricchi ci sono stati interventi di stampo socialista, per i lavoratori e per i poveri c'è, ancor più di prima, il rischio di mercato. Si taglia il salario, si chiudono le fabbriche, si licenziano i precari pubblici e privati, si prepara una nuova aggressione alle pensioni, alla sanità, a tutto ciò che resta di pubblico.La Cgil con il suo no alla controriforma del sistema contrattuale ha dimostrato di non voler accettare tutto questo. Ma ora si trova di fronte a un bivio. Da un lato le blandizie e le minacce della Confindustria, dell'opposizione moderata, degli altri sindacati e naturalmente del governo, che le chiedono di rientrare. Dall'altro c'è la via, che può essere anche dura e solitaria, di ricostruzione dei rapporti di forza, per imporre una svolta reale sul piano delle politiche economico-sociali. Ogni passaggio della vita sindacale di queste settimane presenta questo bivio. Dall'azienda che licenzia, al contratto di categoria, alla scuola. Ovunque si è di fronte alla stessa alternativa: subire l'esistente contrattando al meglio le indennità, o lottare a fondo per cambiare le cose. Le lotte nelle fabbriche, il successo dell'Innse tra queste, la rivolta dei precari nella scuola, mostrano che c'è una disponibilità diffusa nel mondo del lavoro a non rassegnarsi. Ma ci sono anche, all'opposto, un'ideologia e una pratica che invece incoraggiano alla rassegnazione del "si salvi chi può". Il congresso della Cgil sta qua dentro, nelle lotte, nei conflitti sui contratti, nella rottura dell'unità sindacale, nella crisi economica che dura e che continua a far danni. La reazione automatica del gruppo dirigente, di fronte a questa situazione, è quella di proporre un congresso senza alternative, unitario si dice nel linguaggio sindacale. La proposta è sostenuta da argomentazioni di apparente buon senso: di fronte a tanti conflitti, non dividiamoci tra noi. Il fatto è che però questo bivio tra accettazione e rassegnazione esiste comunque e, anche se si tenta di aggirarlo con giochi dialettici, si presenta davanti alle scelte quotidiane del sindacato. Per questo il congresso della Cgil non può saltare un confronto vero sulle scelte da compiere. Dopo 15 anni di concertazione, con i salari più bassi d'Europa e la prospettiva che scendano ancora, la Cgil deve scegliere se accettare il meccanismo che ha di fronte oppure provare intelligentemente e radicalmente a rovesciarlo. La seconda ipotesi significa rinnovare profondamente il sindacato e la sua piattaforma, ricostruire partecipazione e democrazia, fare del conflitto non l'estrema ratio, ma la cultura e la pratica fondamentale dell'organizzazione.In conclusione, il no della Cgil alla controriforma del sistema contrattuale non deve essere vissuto come una parentesi o un incidente, ma come la scelta costituente di un nuovo modello di sindacato confederale. Se su questo ci sono opinioni diverse, è un fatto di democrazia che esse non siano sequestrate in confuse mediazioni interne ai gruppi dirigenti, ma vengano presentate con rigore e chiarezza agli iscritti e ai lavoratori. Un congresso della Cgil su posizioni diverse non solo non fa scandalo, ma è un contributo alla democrazia e alla partecipazione. Delle quali c'è infinito bisogno nell'Italia di oggi.

giovedì 27 agosto 2009

L'autunno è già cominciato

di Paolo Ferrero, Segretario Nazionale PRC-SE

Da due giorni gli operai e le operaie della Lamse di Melfi - a cui va tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà - hanno occupato la fabbrica contro i 174 licenziamenti annunciati a inizio agosto. Lunedì i lavoratori e le lavoratrici hanno occupato la sede della Confindustria di Potenza e martedì, mentre stavano occupando la fabbrica, un guardione ha pensato bene di sparare vari colpi e di puntare la pistola contro gli operai. Evidentemente le politiche securitarie, che mettono al centro la proprietà dei ricchi e all'ultimo posto la sicurezza delle persone, hanno fatto scuola e si stanno estendendo dai migranti alle lotte operaie. Alla faccia del pistolero però i lavoratori hanno occupato la fabbrica e questa lotta è finalizzata all'apertura di una trattativa - con la proprietà e con la Fiat - al fine di ottenere il ritiro dei licenziamenti e un futuro occupazionale ai lavoratori. La Lamse infatti è una azienda dell'indotto della Fiat e quest'ultima non può sottrarsi alle sue responsabilità. In questi anni i padroni hanno spezzettato il ciclo produttivo per dividere i lavoratori e aumentare i profitti. Adesso non possono pensare che ci facciamo sfogliare come una margherita: per ogni azienda dell'indotto deve essere chiamata in causa l'azienda capofila che si deve far carico dei problemi occupazionali.
Da settimane abbiamo detto che l'autunno sarebbe stato caldo, banco di prova decisivo per costruire un efficace conflitto sociale contro la crisi capitalistica. Abbiamo detto che bisognava fare come la Innse, che bisognava imparare dai francesi, per costruire il conflitto e renderlo visibile. Adesso ci siamo. E' decisivo che le lotte che partono non vengano lasciate sole, che si costruisca il massimo di visibilità della lotta, di solidarietà attorno ad essa al fine di ottenere una trattativa vera e quindi di determinare una modifica radicale della volontà padronale. In questi giorni il partito lucano ha dato un contributo decisivo alla lotta dei lavoratori della Lamse, ma adesso occorre costruire la mobilitazione del partito - e dei suoi rappresentanti istituzionali - non solo in Basilicata ma anche nelle regioni limitrofe. Occorre partecipare al presidio, occorre inondare di foto e di racconti le redazioni di giornali e televisioni, occorre rompere l'isolamento. Venerdì ci sarà la prima vera trattativa ed è decisivo arrivarci con il movimento ben rafforzato.
Non si scambi questa proposta per una riduzione della politica alla lotta sindacale. La costruzione di una efficace risposta di lotta, fabbrica per fabbrica, è un passaggio decisivo al fine di costruire i Comitati contro la crisi e quindi un movimento politico di massa per l'uscita dalla crisi da sinistra. Il blocco dei licenziamenti, l'estensione della cassa integrazione a tutti i lavoratori e le lavoratrici che perdono il posto di lavoro, la creazione di un salario sociale per i disoccupati, la richiesta di un aumento salariale e pensionistico generalizzato, la lotta alla precarietà, sono i punti principali della costruzione di un movimento di massa che coinvolga lavoratori occupati, cassaintegrati, licenziati, disoccupati. La costruzione di un movimento di massa è l'obiettivo, il suo punto di partenza sono le singole lotte - dalla Lasme ai precari che a Matera hanno occupato il provveditorato - che in questa situazione non hanno un valore aziendale ma generale. Un movimento di massa la cui piattaforma non può che essere l'opposto della frantumazione corporativa proposta dal ministro Sacconi e puntare al rafforzamento del lavoro dentro un a riconversione pubblica ed ambientale dell'economia. L'autunno è cominciato, ricostruiamo nelle lotte con i lavoratori e le lavoratrici l'utilità sociale del nostro partito e il senso e l'orgoglio della nostra militanza comunista.

mercoledì 26 agosto 2009

Contro le gabbie politiche e sociali. Una strategia per un autunno di lotta

di Dino Greco, direttore di Liberazione

Giuliano Amato ci ha regalato (Corriere della sera del 18 agosto) la più aggiornata versione della perdurante vocazione trasformistica della politica italiana, quella che - abiurato financo il termine di sinistra - ama proporsi con lo stigma sbiaditissimo del riformismo, anch'esso moderato, come se il sostantivo non bastasse a connotarne le tiepide intenzioni.
L'ex ministro degli interni del governo Prodi, responsabile di non aver a suo tempo fatto nulla, dicasi nulla, per cambiare, anche solo parzialmente, quell'abominevole legge sull'immigrazione che porta, accoppiati, i nomi di Bossi e di Fini, oggi constata come "il ricatto delle estreme sia molto forte". Dove le estreme sono, in realtà, due destre, geograficamente connotate, entrambe al governo del Paese. L'una, la Lega, padrona del Nord, genuina interprete del neo-razzismo padano e sintesi estrema dell'egoismo territoriale, e l'altra, embrione nascente di un (improbabile) partito del Sud. E poiché entrambe congiurerebbero per la divisione dell'Italia, ecco che la nuova frontiera di un'alleanza progressista, capace di disarticolare la maggioranza di centrodestra, consisterebbe nella creazione di una grande coalizione italiana, magari sotto l'alto patrocinio del Presidente della Repubblica, capace di sventare ogni proposito secessionista. Questa ennesima sublimazione della lotta politica nel tatticismo, nelle geometrie politiciste della durata di un giorno o di una settimana, trova nel Pd orecchie ricettive. A guardare la sostanza, tutto si riduce nella scelta dei partners a cui rendersi gregari. I contenuti, i programmi, le scelte che dovrebbero qualificare la proposta politica e gli schieramenti ad essa consustanziali, non esistono. La gente non li vede, non perchè è orba, ma perchè non ci sono o, se ci sono, risultano talmente sbiaditi e confusi da rasentare l'evanescenza.
Si consideri la questione delle gabbie salariali. Solo una macroscopica superficialità può scambiare il rilancio fattone dalla Lega per una rodomontata agostana, per un espediente propagandistico escogitato al fine di catturare qualche voto. Le gabbie salariali non sono - come maramaldescamente dice Bossi - le condizioni per "rinunciare alla secessione": le gabbie (per il loro contenuto e per l'inedita modalità con cui la Lega propone siano attuate, attraverso un intervento geograficamente differenziato sull'Irpef) "sono" la secessione.
Sin dall'inizio, con brusche accelerazioni alternate a momentanee ritirate, la Lega "pratica l'obiettivo", per raggiungere lo scopo che è nel suo imprinting originario. Essa ha trasformato una palese contraddizione in un formidabile vantaggio: l'essere un partito nordista, secessionista e, contemporaneamente, essere parte integrante di un governo nazionale.
La Lega fa un uso cinicamente strumentale della propria collocazione border line per esercitare un vero potere di interdizione, di condizionamento, di indirizzo dell'azione di governo, lungo una traiettoria eversiva dell'unità nazionale non meno che dei principi costituzionali. Ma cosa rende possibile questo paradosso della politica? Cosa fa sì che in quelle che un tempo furono le roccaforti operaie, teatro del più duro e maturo conflitto sociale, ora si affermi così estesamente l'egemonia leghista? Quale artifizio cuce insieme interessi sociali così difficili da comporre: quello del padroncino che si arricchisce sfornando a raffica fatture false e quello del suo dipendente a reddito fisso con trattenuta fiscale alla fonte; quello di estesi strati di piccola borghesia urbana e del terziario commerciale campioni dell'evasione e quelli del pensionato che non sa più come tirare avanti? Se per Berlusconi tutto ciò non costituisce alcun problema, essendo in parte egli espressione - come notava Eugenio Scalfari su La Repubblica di domenica - della stessa cultura, rimane da chiedersi come la sinistra abbia eluso (e continui ad eludere) la domanda di fondo che vi è sottesa, e cioè come nell'Italia ove si affermò il più grande partito comunista dell'occidente e che ancora oggi vede la presenza di un forte sindacato confederale, dilaghi fra gli strati popolari la più rozza ideologia interclassista. In ragione della quale l'operaio pensa alla propria marginalità non già come alla conseguenza dei rapporti di produzione dati, ma come ad un fenomeno esogeno, importato dall'esterno, con l'immigrazione, prima meridionale, poi extracomunitaria e quindi con lo Stato usurario che risucchia il frutto del suo lavoro per mantenere una casta sprecona e parassitaria. La propria oggettiva condizione di sfruttato è totalmente rimossa. Riemerge ora, nelle forme possibili, sotto la sferza della crisi. E se ne coglie tutta la fatica dalle risposte, slegate l'una dall'altra, prive di coordinamento, prima sindacale che politico. Ne è protagonista l'operaio che nella disperazione e nella solitudine le prova tutte. Anche salendo in cima ad una gru, arrampicandosi su un silos, o barricandosi dentro il Colosseo. Liberazione ha sostenuto sino in fondo, giorno dopo giorno, la lotta degli operai dell'Innse. Perché era giusta, perché dimostrava che l'interesse generale passava per quegli operai e non per le miserabili speculazioni di un avventuriero e perché rilanciava la consapevolezza, da tempo mortificata, che il conflitto non è un atto di velleitaria testimonianza, consegnato alla sconfitta, ma può portare alla vittoria. Al tempo stesso, quella lotta, quel gesto estremo di ribellione è lo specchio di una crisi di rappresentanza, un sussulto che fatica a trovare un punto di coagulo, malgrado l'impegno della Fiom. Eppure, questa impennata d'orgoglio è bastata ad allarmare il caporione leghista, a fargli materializzare davanti agli occhi il fantasma della lotta di classe: «non è più il tempo di quella roba lì...gli imprenditori sono poveri disgraziati che non ce l'hanno con gli operai...vogliono anche loro salvare le fabbriche». Bossi teme la riconquista di una coscienza di sé da parte dei lavoratori come la peggiore sciagura perché essa dissolve quella perversa solidarietà verticale (fra padrone e operaio) sulla quale la Lega ha costruito le sue fortune politiche. Il fatto è che non basteranno né dieci né cento Innse se quelle pur generose lotte rimarranno orfane di un progetto prima sindacale e poi politico unificanti.

Il centrodestra ha costruito insieme a Confindustria e ad un pezzo del sindacato confederale una linea chiara ed un blocco sociale che la sostiene: massima flessibilità contrattuale, impoverimento e disarticolazione del contratto nazionale attraverso un micidiale dispositivo derogatorio, contenimento coatto delle retribuzioni in virtù di un sistema di relazioni industriali che funziona come una camicia di forza e trasforma il lavoro umano, del tutto deprivato di qualsiasi soggettività, in un docile strumento del comando d'impresa. Con un simile armamentario, destinato a peggiorare, dentro la crisi, le condizioni di reddito e di vita di milioni di persone, non si fronteggia certo l'offensiva della Lega, né quella più sofisticata, ma di analogo significato, di Sacconi e compagnia.
L'affannosa rincorsa degli attori dello sciagurato patto di gennaio ("detassiamo tutto il salario frutto della contrattazione decentrata") non è che la patetica e fraudolenta confessione dell'incapacità di garantire un sostegno reale ai salari. Patetica: perché il secondo livello negoziale, composto - di per sé - di salario variabile e perciò aleatorio, è appannaggio di una quota davvero modesta di lavoratori; fraudolenta: perché ricorre alla fiscalità generale per non mettere in discussione la quota di reddito che va ai profitti e alle rendite. Su questa strada, sarà Sacconi, inesorabilmente, a raccogliere i frutti. Aggiungete il fatto che, con la fine di agosto, saranno molte le aziende - in particolare quelle di piccole dimensioni, che costituiscono l'ossatura del nostro apparato industriale - a non riaprire. La rete di protezione offerta dal vigente sistema di ammortizzatori sociali è talmente esile e scarnificata da ridurre in povertà milioni di persone che già raschiavano l'osso. Viene così al pettine l'altro nodo di una fallimentare politica sociale, che ha la sua origine non troppo remota nella rinuncia del governo Prodi e del sindacato (questa volta tutto intero) di investire su un'autentica riforma del welfare.

Il pessimo stato delle cose presenti chiama direttamente in causa la Cgil, che sulla linea del traguardo e sotto la pressione di metalmeccanici e pubblici seppe smarcarsi, scongiurando in extremis una capitolazione dalle conseguenze devastanti. Senza tuttavia rendersi capace di una revisione di fondo della linea che l'aveva portata sin nel collo dell'imbuto. Oggi, di fronte alla concentrica pressione che grava su di essa, la Cgil somiglia all'asino di Buridano: in perfetto stallo, incapace di scegliere fra i due mucchi di fieno, vale a dire fra le due vere ipotesi che le si presentano: rientrare nei ranghi e completare la propria mutazione subalterna, oppure svoltare radicalmente e ricostruirsi come sindacato che attinge alla democrazia come sua fondamentale risorsa. E capace di ripensare un modello contrattuale e di relazioni industriali che faccia della redistribuzione del reddito dai profitti ai salari la propria bussola: un contratto nazionale a cui si riconosca (e non si inibisca!) la facoltà di aumentare il valore reale delle retribuzioni, una contrattazione decentrata svincolata dalla redditività di impresa, un meccanismo automatico di indicizzazione dei salari al costo della vita, l'eliminazione del drenaggio fiscale. E, infine, ma non da ultimo, l'introduzione di una tassa di scopo pluriennale per finanziare i contratti di solidarietà ed il sostegno al reddito dei disoccupati. E' questo il primo indispensabile passo per riconferire al lavoro quella posizione di variabile indipendente di cui è stato espropriato. Se il lavoro non attribuisce a se stesso questa dignità, non c'è possibilità che gli venga riconosciuta dall'esterno: tanto meno dagli avversari.
Ecco una linea chiara, comprensibile, la sola capace di concorrere con la Lega e, contemporaneamente, opporsi all'altrimenti inesorabile processo di frantumazione sociale.

sabato 8 agosto 2009

Apriamo una cassa di resistenza




di Paolo Ferrero, Segretario Nazionale Rifondazione Comunista - Sinistra Europea


Fino a ieri alla sacrosanta lotta dei lavoratori dell’Innse veniva obiettato che non esisteva nessun imprenditore disponibile a proseguire l’attività industriale dell’azienda e che quindi la lotta era priva di sbocchi. Me lo sono sentito ripetere io stesso più e più volte in questi giorni in tutti i colloqui avuti con vari livelli istituzionali.
Ieri un imprenditore serio ha avanzato formalmente una “manifestazione di interesse” che prevede l’acquisto dell’azienda e dei capannoni e il rilancio dell’attività produttiva e dell’occupazione.
L’alibi secondo cui l’Innse è destinata a chiudere per mancanza di imprenditori è quindi caduto. Non esiste più e non può più essere invocato da nessuno.
Per questo abbiamo chiesto e chiediamo al governo e al Prefetto di Milano: 1) di ritirare immediatamente le truppe permettendo così ai compagni di scendere dal carro ponte e ai lavoratori dell’Innse di riprendere il presidio della loro fabbrica; 2) di aprire un tavolo di trattativa che – con i tempi necessari – permetta il passaggio di proprietà al nuovo imprenditore e la conseguente ripresa dell’attività produttiva; 3) nel caso in cui il Genta, attuale proprietario dell’azienda, non volesse addivenire alla cessione della fabbrica, chiediamo al Prefetto di requisirla al fine di permetterne il suo riutilizzo produttivo.
L’iniziativa economica privata, nel nostro Paese, non può essere infatti un dogma assoluto: la nostra Costituzione prevede che essa non si possa svolgere in contrasto con l’utilità sociale.
Le tre cose che chiediamo al governo e al Prefetto non sono la luna, ma il minimo indispensabile per dare una risposta positiva alla lotta dei lavoratori e alla giusta richiesta di una ripresa lavorativa e occupazionale all’Innse. Se questo non dovesse avvenire sarebbe del tutto evidente che il governo e i suoi organi periferici non solo sarebbero responsabili della chiusura e dello smantellamento dell’Innse ma, nei fatti, utilizzerebbero la forza pubblica con il solo fine di tutelare gli interessi privati di uno speculatore legato alla Lega Nord.
E’ quindi possibile che la vicenda dell’Innse si incammini sulla buona strada dopo che il blitz agostano delle forze dell’ordine - che aveva l’effetto di permettere a Genta di fare i suoi porci comodi – aveva rischiato di compromettere la lotta che dura da mesi. E’ bene aver chiaro che il possibile esito positivo è dovuto unicamente alla lotta dei lavoratori dell’Innse e, nello specifico, dall’aver scelto una forma di lotta “alla francese”, che ha attirato l’attenzione dei media e imposto l’interruzione dello smontaggio dello stabilimento.
Mettere sotto chiave un manager o salire su un carro ponte poco importa; il nodo è obbligare la politica ad occuparsi della questione sociale e aprire uno spazio di contrattazione.
Questo vuol dire che attraverso la lotta è possibile modificare la volontà dei padroni: lo hanno sperimentato positivamente i lavoratori dell’Indesit come quelli di Fincantieri che hanno vinto proprio grazie a lunghi mesi di lotta compatta e determinata. I lavoratori dell’Innse ci indicano quindi la strada da seguire per l’autunno, lotta da generalizzare fabbrica per fabbrica, determinata e visibile, obbligando la politica ad occuparsi della questione sociale. Proprio per raggiungere una soluzione positiva e affinché la lotta dell’Innse possa costituire un esempio per tutti i lavoratori e le lavoratrici delle aziende sotto attacco occupazionale, occorre mettere i lavoratori in condizione di poter proseguire la lotta.
Per questo apriamo oggi una cassa di resistenza per sostenere la lotta dei lavoratori dell’Innse a cui invito tutti i compagni e le compagne a contribuire. Nessuno deve restare solo nella crisi, a partire da chi lotta.

Cassa di resistenza lavoratori INNSE
Partito della Rifondazione Comunista
codice Iban IT95G0312703201cc0340000782

Insistiamo: requisitela!

di Dino Greco, direttore di Liberazione

Guardiamo la questione da un altro punto di osservazione. Quello degli imprenditori, presi non individualmente, ma nella loro dimensione associativa. Diciamo pure come classe. Una classe che, ripetutamente in questi anni, ha voluto interpretare in proprio gli interessi generali del Paese, avanzando ricette e pretese su tutto e su tutti, dando prova di un’ inesauribile voracità: verso i lavoratori, e verso i loro sindacati innanzitutto, ai quali sono state imposte (con successo) silenziosa acquiescienza, flessibilità, complicità addirittura, per favorire la ripresa di un ingranaggio produttivo totalmente inceppato; sui governi e sul Parlamento, a cui hanno chiesto (con altrettanto e ancor più clamoroso successo) di segare un già precario sistema di protezione sociale per trasferire a sé stessi ingenti risorse pubbliche, poi non esattamente destinate, come abbiamo visto nel recente passato, ad un uso virtuoso, considerata la drastica caduta degli investimenti produttivi.
Bene: questi millantatori di un ruolo di tutela degli interessi della nazione non sono in grado, sempre nella loro dimensione associativa, di proferire una sola parola su quanto sta avvenendo all’Innse di Lambrate.
Confindustria, Assolombarda restano mute come pesci. Sono certo che neppure sono sfiorate dal dubbio che competerebbe loro dire qualcosa, farsi carico di una qualche responsabilità circa la rovinosa performance imprenditoriale che sta distruggendo una fabbrica sana, dal nome prestigioso, umiliando i suoi operai ed un’intera cittadinanza.
Ecco: qui l’interesse generale, non più presunto ma reale, scompare. Fa testo - e detta legge - solo la volontà, quale che sia, del singolo padrone cui tutto si deve lasciar fare. Anche se si ha di fronte il più squalificato speculatore. Ovviamente, questa ineffabile noncuranza, nel nome della libertà, la sola legittima, quella sacrale dell’impresa, che sovrasta e rimuove qualsiasi altro diritto. Eppure, in questa sconcertante vicenda, la cosa più stupefacente è l’assordante silenzio delle istituzioni, che invece del bene comune dovrebbero a buon titolo essere - sentirsi!- rappresentanti. Invece esse stanno pilatescamente lasciando che un pugno di operai faccia, in
drammatica solitudine, quello di cui esse dovrebbero rendersi interpreti.
Vi è da chiedersi quali sotterranei interessi, quali inconfessabili calcoli paralizzino le amministrazioni locali, a partire dal comune di Milano, per arrivare alla potente giunta regionale lombarda. Oppure se tanta colpevole ignavia sia semplicemente il prodotto della convinzione che nel conflitto sociale sono i lavoratori, sempre e comunque, a dover soccombere.
Allora, nuovamente, torniamo ad insistere: signori, tocca a voi agire. Ne avete gli strumenti: requisite l’Innse. Obbligate Genta ad abbassare la cresta. Create le condizioni per un negoziato che porti finalmente alla ripresa dell’attività: con altri imprenditori, come pare ve ne siano;oppure attraverso la mano pubblica; oppure ancora, semmai ve ne fosse la disponibilità dei diretti interessati, in una forma autogestita, che le istituzioni locali hanno tutta la possibilità di sostenere, politicamente ed economicamente. Sarebbe un segnale vero, un chiaro cambiamento di passo, un po’ di aria pulita in questo disastrato Paese.

mercoledì 5 agosto 2009

Le ingerenze del Vaticano

di Massimiliano Vigo - componente del Direttivo di Circolo

Cari Compagni,
ogni occasione è buona per il Vaticano, la Cei. i cardinali, i vescovi sostenuti dai falsi benpensanti italiani, per ingerirsi in maniera pressante negli affari di uno Stato sovrano quale penso sia ancora l'Italia: l'ultima tra queste è legata alla pillola abortiva RU 486 che ha visto la Chiesa Cattolica ( e solo quella) lanciare strali di stampo medioevale arrivando anche a minacciare la scomunica per le donne utilizzatrici del farmaco e per i medici che lo prescrivono.
Per dirimere una volta per tutte la questione dell'ingerenza di ogni fede religiosa, negli affari privati della gente e della repubblica italiana proporrei una legge ad hoc.
Ogni italiano, al compimento dei 18 anni di età deve dichiarare la propria appartenenza religiosa , o il proprio ateismo, o agnosticismo o "non me ne frega niente"; la dichiarazione andrebbe poi annotata su tutti i documenti e inserita in un database nazionale; ogni persona a questo punto avrebbe l'obbligo di attenersi alle regole morali ed etiche imposte dal proprio credo.
Faccio un esempio, il sottoscritto ateo praticante, va in farmacia per comperare dei preservativi, il farmacista controlla il documento e visto il mio ateismo me li vende , ma se a richiedere dei preservativi o la pillola anticoncezionale si presentasse, che so, una donna che si dichiara cattolica, scatterebbe l'impedimento a vendere questi prodotti. Un avvocato prima di iniziare una pratica di separazione o divorzio dovrebbe controllare la posizione " religiosa" dei coniugi, un testimone di Geova con una grave emorragia interna si vedrebbe negare a priori una trasfusione di sangue…e gli esempi sarebbero tanti.
Ammetto che una legge simile sarebbe una cosa assolutamente demenziale oltre che anticostituzionale, ma mi piacerebbe vedere quanti italiani avrebbero il coraggio di dichiararsi ufficialmente appartenenti ad una qualsiasi fede religiosa che impedisse loro anche le più normali scelte di vita.