"Esci partito dalle tue stanze, torna amico dei ragazzi di strada" Majakovskij

Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
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venerdì 29 gennaio 2010

L'irresponsabilità sociale dell'impresa

di Dino Greco - direttore di Liberazione

Nel suo lucido e non meno drammatico libro intitolato "Il lavoro non è una merce", Luciano Gallino, due anni fa, scriveva che «nell'oceano del lavoro, la tempesta deriva dall'aver messo in competizione tra loro, deliberatamente (il corsivo è mio), il mezzo miliardo di lavoratori del mondo che hanno goduto per alcuni decenni buoni salari e condizioni di lavoro, con un miliardo e mezzo di nuovi salariati che lavorano in condizioni orrende con salari miserandi». Oggi possiamo dire che questa concorrenza vigliacca e spietata è stata pienamente messa a profitto dal capitale nei "punti alti dello sviluppo", dove il quadro dei diritti individuali e collettivi, il sistema di protezione sociale e il diritto del lavoro sembravano costituire uno zoccolo sufficientemente solido da potersi considerare, una volta per tutte, acquisito. Quello che quotidianamente si palesa sotto i nostri occhi è che nulla è più certo e tutto è in discussione. Ed è proprio la grande impresa a rendersi protagonista della più radicale regressione dei rapporti sociali. Si pensi alla Fiat, che prende in ostaggio i lavoratori di tutti i propri stabilimenti per ottenere dallo Stato più risorse di quante ne abbia sin qui munte. O che dispone il fermo della produzione a Termini Imerese (già condannata alla chiusura), fintanto che i lavoratori della Delivery Email, cui è stata revocata la commessa, non cessino le azioni di protesta. Si pensi all'Alcoa, multinazionale dell'alluminio fra le prime tre del mondo, che decide di chiudere gli impianti di Portovesne e di Fusina e di mandare a spasso duemila lavoratori se non potrà lucrare ulteriori sconti sulle già vantaggiose tariffe energetiche. Si pensi alla Novartis, colosso farmaceutico mondiale, che non esita a disfarsi (anziché riassorbire in organico) 24 dei suoi dipendenti, malgrado abbia realizzato lo scorso anno profitti per un miliardo di euro vendendo a vagonate i vaccini antipandemia. Si pensi alle migliaia di lavoratori truffati e abbandonati da Eutelia e Phonemedia, entrambe leader nell'erogazione di servizi di telemarketing e telecomunicazioni. Si pensi, ancora, al dilagare di forme di lavoro schiavistico nelle campagne meridionali e al proliferare, un po' ovunque, di ogni sorta di lavoro precario, sottoretribuito, sottocontribuito, grigio e nero. E si pensi che questa non è altro che la punta di un iceberg, perchè la mappa dei soprusi, delle grandi e piccole infamie subiti da lavoratori e lavoratrici deve essere quotidianamente aggiornata.
A chi ancora provasse, ingenuamente o per dolo, a spiegare che questa è la modernità post-fordista alla quale non rimane che adattarsi, magari attenuandone l'impatto con qualche palliativo, occorrerà tornare a rispondere che no, non vi è nulla di oggettivo in questo stato di cose. E che esso è il risultato della devastante unilateralità con cui il modo di produzione capitalistico si è imposto - senza contrappesi e alternative - sull'intero pianeta. Da noi, va riconosciuto, con quel tanto di protervia stracciona che la borghesia usuraria italiana ha attinto dalla propria storia peggiore, esaltata da una deriva politica che ne ha favorito lo strapotere e i vizi. Oggi, del resto, nessuno si azzarda più ad evocare la "responsabilità sociale dell'impresa". Quella riposa inerte nell'articolo 41 della Costituzione. Provò ad inverarne il contenuto soltanto un certo Adriano Olivetti, molti decenni fa. Nella triste parabola della sua azienda vive - direbbe il filosofo - la nemesi del capitalismo italiano. Ancora Luciano Gallino commentava, sconfortato, che «dire che la politica dell'ultimo decennio ha drammaticamente sottovalutato la condizione del lavoro significa tenersi molto al di sotto delle righe». Si può aggiungere che lungo quel piano inclinato si è in realtà cominciato a ruzzolare molto prima. E che il motore delle stesse organizzazioni sindacali gira da tempo, quando gira, ad un cilindro solo. Ora che la corsa ha preso velocità sembra non esservi più freno.
Da domani, il Prc, nella sua assemblea nazionale, proverà a tirare almeno qualche filo dell'ingarbugliata matassa.

venerdì 15 gennaio 2010

Parte la campagna regionale "Il Lavoro Mobilita"


La Federazione della Sinistra dell’Emilia-Romagna organizza nei territori della nostra regione una raccolta firme per sostenere quattro proposte contro la crisi: per il blocco dei licenziamenti; per l’estensione degli ammortizzatori sociali anche ai lavoratori che non ne fruiscono; per la restituzione dei finanziamenti regionali e locali da parte delle imprese che delocalizzano; per l’introduzione, anche nella nostra regione, del reddito sociale per i disoccupati e gli inoccupati.

Domenica 17 e 24 saremo in Piazza della Repubblica, dalle 10 alle 12, per spiegare le nostre proposte e raccogliere le firme.

Sintesi delle proposte

mercoledì 13 gennaio 2010

Acqua: solo per Rifondazione Comunista è un bene comune?


Sui buoni principi siamo tutti d’accordo, cittadini e amministratori, e di qualsiasi colore politico, ma sulla sostanza delle cose cominciamo a dividerci.

È il caso dell’Ordine del Giorno “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico” presentato da Rifondazione Comunista concordato nel merito con le diverse sigle, associazioni, partiti e movimenti e singoli cittadini che compongono il Coordinamento per la Difesa dei Beni Comuni Val d’Enza.

Rifondazione crede e sostiene la necessità che i Beni Comuni, in quanto beni inalienabili debbano rimanere in mano pubblica, compresa la gestione dei servizi.

Non a caso la nostra era una proposta concreta, contrariamente da quanto ci è stato presentato dalla maggioranza che governa Montecchio, che oltre al PD è composta anche da Italia dei Valori e Verdi, soggetti politici impegnati in prima linea nella difesa dell’acqua pubblica.

Ciò che è stato presentato in Consiglio Comunale dalla maggioranza, oramai un mese fa, era un elenco di buoni principi che riconosce l’acqua patrimonio dell’umanità: e chi ha dubbi su questo?

Rifondazione, infatti, ha presentato inoltre un Ordine del Giorno che prevede, tra l'altro, l’inserimento all’interno dello Statuto Comunale un articolo che preveda l'acqua quale bene “privo di rilevanza economica”.

Sostenere questa modifica statutaria è l’unico modo per garantire l’acqua come Bene Comune concretamente, al di là di tante belle premesse puramente astratte.

Ci chiediamo infine, davvero dubbiosi, quale sia la posizione esatta dell’Italia dei Valori che, almeno per quanto riguarda Montecchio ha aderito al Coordinamento per la Difesa dei Beni Comuni Val d’Enza e del quale, ci risulta, abbia condiviso la piattaforma che ha dato vita, di fatto, all’Ordine del Giorno presentato dal PRC.

L’Italia dei Valori di Montecchio si appiattirà sulla maggioranza di governo come accaduto nel Consiglio Provinciale aperto tenutosi qualche giorno fa oppure costruirà all’interno della maggioranza di cui fa parte un percorso virtuoso che condurrà all’approvazione dell’Ordine del Giorno così come presentato da Rifondazione?

La battaglia sull’acqua non deve diventare un volano pubblicitario/elettorale per raccogliere consenso facile.

mercoledì 6 gennaio 2010

Rifondazione Comunista chiede fatti e non buone intenzioni

Giorgia Riccò, capogruppo di Rifondazione Comunista in consiglio comunale a Montecchio Emilia, ha presentato due interpellanze.
La prima riguarda lo stato della pubblicazione attraverso il sito internet del Comune di Montecchio Emilia di tutti gli atti pubblici del Consiglio Comunale, delle Commissioni, della Giunta Comunale.
Dopo aver tanto sbandierato la partecipazione e la trasparenza sul programma, nonostante le proposte di Rifondazione di attivarsi concretamente in tale direzione, a distanza di 6 mesi dalle elezioni, ancora l’amministrazione non è riuscita ad attivare ciò che di più semplice ci sia per rendere partecipi i cittadini della vita istituzionale.

La seconda è invece sullo stato dell'arte del “Piano per l'efficienza energetica degli edifici comunali". In sede di approvazioni del bilancio consuntivo del 2008, Rifondazine Comunista propose e il consiglio comunale (all'unanimità) approvò, impegnando dunque la giunta a partire dal 2008, ad avviare un piano di efficienza energetica degli edifici comunali con l'obbiettivo di minimizzare i costi delle utenze elettriche e di riscaldamento, di ridurre le emissioni di CO 2 e quindi l'inquinamento ambientale. Il primo passo di questo piano sarebbe stato l'affidamento ad una ESCo
(Energy Service Company) dell'incarico di redigere una diagnosi energetica dei principali edifici comunali (municipio, rocca, scuola dell'infanzia, ecc.) e un piano di ristrutturazione energetica.

In entrambi i casi, vi sono impegni ufficiali che sono rimasti buone intenzioni. Ma si sa, di buone intenzioni è lastricata la via per l'inferno...