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giovedì 21 ottobre 2010

Rifondazione Comunista contro le retribuzioni immorali del CdA di IREN

di Giorgia Riccò *

Rifondazione Comunista ha portato in Consiglio Comunale a Montecchio Emilia, lunedì 18 ottobre, la questione dei lauti compensi assegnati agli amministratori di IREN. Nell'Ordine del Giorno presentato dal PRC vengono ritenute immorali le scelte assunte dal CdA di IREN circa le retribuzioni di presidente (500 000 euro circa), direttore (400 000 euro), amministratore delegato (470 000 euro) e vicepresidente (70 000 euro) e si chiedeva una riduzione dei compensi fino ad equiparali a quelli che percepisce un Consigliere Regionale dell'Emilia Romagna (non oltre 44 470 euro l'anno).

In un momento come quello attuale risulta fondamentale che la politica dia un segnale forte di riduzione dei suoi costi e i proponenti dell'ordine del giorno chiedevano al Sindaco, che insieme agli altri sindaci reggiani rappresenta una parte considerevole dell'azionariato pubblico di IREN, di farsene portavoce.

Va premesso che ai primi di ottobre, il consiglio di amministrazione aveva già votato una irrisoria autoriduzione del 10% dei compensi, come richiesta dalla maggior parte dei Sindaci reggiani, e tra questi anche il Sindaco di Montecchio, ma era una riduzione prevista su un aumento dei compensi di quasi il 50% rispetto a quelli percepiti dagli stessi amministratori prima della fusione Iride – Enia; vale a dire, con un aumento di compensi "solo" del 40%, si fa poca fatica a sembrare democratici concedendo di rinunciare ad una piccola fetta!

La condivisione, sperata e prevedibile, di un ordine del giorno che avanzava richieste di sobrietà che dovevano superare le divisioni politiche, non è arrivata se non a parole; come troppe altre volte ci è toccato vedere, al momento del voto, una maggioranza confusa ed impreparata sugli argomenti oggetto di discussione, non ha avuto il coraggio di sostanziare le frasi in scelte concrete e conseguenti azioni. L'ordine del giorno è stato quindi bocciato dopo generiche accuse rivolte ai presentatori di fare facile demagogia sulle difficoltà economiche dei cittadini, e di porre limitazioni eccessive ai lauti compensi, senza considerare che ciò potrebbe compromettere la qualità del servizio essenziale offerto dalla multiutility.

Riteniamo che il diritto – dovere di controllo degli azionisti pubblici debba essere esercitato, a maggior ragione in considerazione dell'essenzialità dei servizi offerti (energia elettrica, gas, teleriscaldamento, servizi idrici, servizi ambientali), in modo rigoroso ed intransigente, non trascurando di conoscere ed intervenire anche sulle retribuzioni di un intoccabile apparato – casta
dirigente.

* Capogruppo Rifondazione Comunista - Comune di Montecchio Emilia

lunedì 18 ottobre 2010

Centralità della scuola pubblica e finanziamenti alle scuole private

All'apertura del nuovo anno scolastico l'Italia si è svegliata agli ultimi posti, tra i paesi dell'OCSE, per investimenti nella pubblica istruzione; dopo noi c'è solo la Slovacchia mentre meglio di noi fa persino il Brasile. In percentuale, per rendere l'idea, solo il 9% della nostra spesa pubblica è destinato alla scuola, mentre la media degli altri Stati appartenenti all'OCSE è del 13,3%.
Per la nostra Provincia questo si traduce in: 150 docenti in meno nelle scuole di ogni ordine e grado; aumento degli alunni per classe; riduzione progressiva del tempo scuola nelle primarie, dalle trenta alle ventisette ore settimanali, in barba alle diverse richieste delle famiglie e nonostante l'impegno, pubblicamente preso dalla ministra, a rispettare le scelte espresse dai genitori; frammentazione delle ore dei docenti, per poter coprire spezzoni orari rimasti scoperti su diverse classi (alla faccia dell'insegnante unico!); drastica riduzione del personale ausiliario e tecnico amministrativo, con la conseguenza che alcuni Istituti Comprensivi non riusciranno a garantire la sorveglianza dei bambini o i servizi minimi per il corretto funzionamento delle scuole; carenza di fondi per attivazione di progetti e/o laboratori che qualificano l'offerta formativa.
Tutto questo mentre la Ministra dichiara di voler disegnare, per la figlia, una scuola migliore (probabilmente non si riferisce a quella pubblica!) e definisce "piaga sociale" tutti quei precari che per decenni hanno garantito il funzionamento della scuola pubblica ad ogni apertura d'anno; ma tutto procede come programmato, i dirigenti scolastici hanno avuto indicazione di placare le eventuali proteste dei docenti e contenere quelle dei genitori, mentre il piano triennale di riduzione dei posti di lavoro sta inesorabilmente compiendosi.
Sia ben chiaro però che questo non avviene "in assenza degli italiani", come ama ripetere Gherardo Colombo nel suo peregrinare tra le scuole italiane, dobbiamo assumerci direttamente tutta la responsabilità di ciò che accade, poiché lo abbiamo voluto, non solo votando ma soprattutto omettendo, omettendo di votare, omettendo di partecipare, omettendo di formare le giovani generazioni; la palla passa allora alle Amministrazioni locali, primo interfaccia tra i cittadini e lo Stato, cui chiediamo di sopperire ai tagli che gravano sulla pubblica istruzione, con risorse compensative (come chiede lo stesso PD, in quelle amministrazioni nelle quali si trova all'opposizione), senza sottrarsi alle proprie responsabilità poiché occuparsi della qualità della scuola pubblica, oggi più che mai, significa rioccuparsi del nostro futuro, investire nei valori, preparare gli anticorpi.
La crisi economica, la perdita di occupazione, hanno costretto molte famiglie, dei comuni della provincia, a rinunciare alla scuola a tempo pieno per le difficoltà a far fronte alle rette della mensa, così come molte sono state e saranno costrette a non iscrivere i propri figli ad uscite didattiche, corsi sportivi o ricreativi, campi estivi (per molti, unica alternativa alla strada durante il lungo periodo di chiusura delle scuole), non avere a cuore tutte queste situazioni, non intervenire con sovvenzioni che qualifichino maggiormente il tempo di permanenza a scuola e rafforzino l'offerta formativa, non incrementare gli educatori a fronte dei tagli agli insegnanti di sostegno, operati dal governo, significa confermare il disvalore che la cultura sia solo per chi se la può permettere e che non esista una scuola realmente di tutti e per tutti. Se tutto ciò avvenisse senza che le amministrazioni locali tentassero il tutto per tutto, avremo perso non soltanto le migliori scuole che hanno suscitato l'invidia di pedagogisti di fama mondiale, oltre tutto ciò che è stato frutto di lotte, conquiste, ricerche, confronto, ma soprattutto avremo perso la fiducia nel futuro delle nuove generazioni, la fiducia nella possibilità di cambiamento e quindi la partecipazione. Ci stiamo giocando una generazione, per questo crediamo, oggi più che mai, sia necessario che l'Amministrazione concentri le risorse economiche destinate alla scuola, solo sulla scuola pubblica, l'unica colpita dai tagli statali; d'altronde se la coperta è corta bisogna avere il coraggio di scegliere da che parte tirarla!