(*) di Anubi D'Avossa Lussurgiu - da Liberazione del 19/2/2008
Dobbiamo riconoscerlo: siamo stati faziosi e miopi. Abbiamo puntato l'indice contro il veltronismo, argomentando che sposava l'ideologia capitalista della crescita e dello sviluppo. Ma non si possono distorcere in questo modo le posizioni dell'avversario - pardon , del competitor . Negare le novità e perciò travisarle. Ammettiamo ciò che è vero: veltronismo e Piddì non sono affatto neo-capitalisti, tanto meno neo-liberisti. No: hanno tutt'altri orizzonti, addirittura un cambio di sistema.
Lo si vede fin dalle candidature: come si può essere tanto prevenuti da non osservarlo? Matteo Colaninno, annunciato capolista nel Nord da Veltroni in persona, sabato all'assemblea costituente. Martina Mondadori, insistentemente indicata come altra papabile candidata. Rosella Sensi, sulla cui scelta di correre col Pd a Roma addirittura i boatos sono un clamore di folla - e di curva. E ancora, probabile, benché Maria Laura Rodotà abbia scritto sul Corsera di non volerci credere ( noblesse oblige ...), Alessandro Benetton.
Ecco: come nella parabola dei Vangeli, siamo tanto accecati da vedere la pagliuzza ma non la trave. Siamo insorti di fronte all'accostamento, nelle liste democratiche, di Colaninno Jr con l'operaio sopravvissuto al rogo della Thyssen Krupp torinese. E persino Bertinotti se n'è uscito con la battuta: «Ce n'è uno di troppo». Senza avvedersi dell'innovazione dirompente, anzi del balzo di tigre nel passato pur così spesso evocato dalla passione bertinottiana per Benjamin (che si chiamava Walter, pure lui).
Tutti a guardare l'appartenenza di classe. E nessuno a notare ciò che davvero accomuna quei cognomi: Colaninno junior ; Mondadori junior ; Sensi junior ; Benetton junior . Non si tratta del solo "salto" generazionale. Qui si va proprio di padri (e che padri!) in figli. Si tratta d'uno straordinario recupero della contemporaneità del non contemporaneo. Una geniale riaffermazione niente di meno che della discendenza dinastica, insomma del diritto di sangue.
E' una mossa di coraggio che spiazza la concorrenza. Fa impallidire d'un colpo pur straordinarie "tradizioni inventate" come la Padania leghista, il moderatismo berlusconiano, la destra democratica finiana o l'ultima, l'ateismo devoto ferrariano. Qui non s'inventa niente, si recuperano tradizioni autentiche per innestarle sulla modernità. Roba mica da nulla, non come la facile cesura con le rivoluzioni del Novecento, o al massimo con l'89 francese: qui si archivia pure quella inglese. Altro che liberismo, o liberalismo! Capitalismo, vabbe': ma anche feudalesimo.
Certo, ci sarebbe quel piccolo inconveniente d'aver posto in cima ai valori inalberati il «merito». Ma l'equivoco è evidente. L'ha chiarito ieri Luca Cordero di Montezemolo alias Montez: il quale ha smentito sdegnato che la sua Confindustria candidi «qualcuno», ma ha salutato come «positivo e utile» che «ci sono imprenditori che in tutti gli schieramenti portano in Parlamento la cultura d'impresa». Se ne sentiva la mancanza, in effetti. Ed è un merito far sì che ora ad effettuare il trasporto ci sia Berlusconi ma anche Veltroni. Con un valore aggiunto: aver riscoperto il merito d'essere figli di.
Dobbiamo riconoscerlo: siamo stati faziosi e miopi. Abbiamo puntato l'indice contro il veltronismo, argomentando che sposava l'ideologia capitalista della crescita e dello sviluppo. Ma non si possono distorcere in questo modo le posizioni dell'avversario - pardon , del competitor . Negare le novità e perciò travisarle. Ammettiamo ciò che è vero: veltronismo e Piddì non sono affatto neo-capitalisti, tanto meno neo-liberisti. No: hanno tutt'altri orizzonti, addirittura un cambio di sistema.
Lo si vede fin dalle candidature: come si può essere tanto prevenuti da non osservarlo? Matteo Colaninno, annunciato capolista nel Nord da Veltroni in persona, sabato all'assemblea costituente. Martina Mondadori, insistentemente indicata come altra papabile candidata. Rosella Sensi, sulla cui scelta di correre col Pd a Roma addirittura i boatos sono un clamore di folla - e di curva. E ancora, probabile, benché Maria Laura Rodotà abbia scritto sul Corsera di non volerci credere ( noblesse oblige ...), Alessandro Benetton.
Ecco: come nella parabola dei Vangeli, siamo tanto accecati da vedere la pagliuzza ma non la trave. Siamo insorti di fronte all'accostamento, nelle liste democratiche, di Colaninno Jr con l'operaio sopravvissuto al rogo della Thyssen Krupp torinese. E persino Bertinotti se n'è uscito con la battuta: «Ce n'è uno di troppo». Senza avvedersi dell'innovazione dirompente, anzi del balzo di tigre nel passato pur così spesso evocato dalla passione bertinottiana per Benjamin (che si chiamava Walter, pure lui).
Tutti a guardare l'appartenenza di classe. E nessuno a notare ciò che davvero accomuna quei cognomi: Colaninno junior ; Mondadori junior ; Sensi junior ; Benetton junior . Non si tratta del solo "salto" generazionale. Qui si va proprio di padri (e che padri!) in figli. Si tratta d'uno straordinario recupero della contemporaneità del non contemporaneo. Una geniale riaffermazione niente di meno che della discendenza dinastica, insomma del diritto di sangue.
E' una mossa di coraggio che spiazza la concorrenza. Fa impallidire d'un colpo pur straordinarie "tradizioni inventate" come la Padania leghista, il moderatismo berlusconiano, la destra democratica finiana o l'ultima, l'ateismo devoto ferrariano. Qui non s'inventa niente, si recuperano tradizioni autentiche per innestarle sulla modernità. Roba mica da nulla, non come la facile cesura con le rivoluzioni del Novecento, o al massimo con l'89 francese: qui si archivia pure quella inglese. Altro che liberismo, o liberalismo! Capitalismo, vabbe': ma anche feudalesimo.
Certo, ci sarebbe quel piccolo inconveniente d'aver posto in cima ai valori inalberati il «merito». Ma l'equivoco è evidente. L'ha chiarito ieri Luca Cordero di Montezemolo alias Montez: il quale ha smentito sdegnato che la sua Confindustria candidi «qualcuno», ma ha salutato come «positivo e utile» che «ci sono imprenditori che in tutti gli schieramenti portano in Parlamento la cultura d'impresa». Se ne sentiva la mancanza, in effetti. Ed è un merito far sì che ora ad effettuare il trasporto ci sia Berlusconi ma anche Veltroni. Con un valore aggiunto: aver riscoperto il merito d'essere figli di.
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