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Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
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09 giugno 2009

Quale unità per quale sinistra?

di Dino Greco, direttore di Liberazione
Senza giri di parole, bisognerà pur dire che le elezioni europee sono andate male. E molto, per quanto alcune carte si siano mischiate. Come in Francia, dove i Verdi di Cohn Bendit ottengono - su un programma certamente alla sinistra del nostrano Pd - uno straordinario successo. O come in Grecia, dove il Pasok raccoglie i frutti di una profonda rivolta sociale. Oppure in Germania, dove il progresso di Die Linke manda a dire che la crisi (profondissima) delle socialdemocrazie può, almeno potenzialmente, trovare un'alternativa a sinistra.Ma, in generale, è lo schieramento conservatore a vincere, incamerando voti e aumentando i propri seggi nel Parlamento europeo. Non solo, nella destra si affermano le componenti più estreme e apertamente razziste. Avviene in Inghilterra come in Ungheria, in Austria come in Italia. Il Parlamento europeo muta, dunque, fisionomia politica. Cresce la componente euroscettica. Quella sua parte, per capirci, che è tale non perché contesta l'inclinazione monetarista e liberista dell'Unione, ma perché rincula dentro logiche di gretto nazionalismo, autistico e antisolidale.La prima e fondamentale considerazione che se ne ricava è dunque che la crisi economica e finanziaria che ha travolto le illusioni liberiste, ridicolizzato gli idolatri del mercato, generato disoccupazione ed impoverimento sociale non ha suscitato nelle larghe masse una reazione di rigetto del sistema vigente. O meglio, la possibile reazione, in assenza di risposte alternative e convincenti a sinistra, si è espressa come paura ed è divenuta il combustibile di cui si sono nutrite le classi dominanti, più mobili e duttili nel rappezzare il tessuto lacerato e nel riproporsi come le più adatte a governare la crisi. E nel manipolare un'opinione pubblica spaventata e disorientata.Quanto all'Italia, si può sì dire che Berlusconi non ha sfondato. Anzi, che la sua forza e le sue velleità totalitarie subiscono una seria battuta d'arresto. E che lo stesso ridimensionamento del Pd sembra far tramontare l'idea di una metamorfosi non solo bipolare ma, addirittura, bipartitica del quadro politico italiano. Si può anche ragionevolmente ritenere che il referendum attraverso il quale i due partiti più grandi hanno tentato una semplificazione autoritaria ed uno snaturamento della democrazia costituzionale è destinato ad eclissarsi entro un paio di settimane. E tuttavia, non c'è chi non veda come questo esito sia il risultato, simultaneo, dell'astensionismo da un lato, e, dall'altro, dello strepitoso successo, in latitudine e in longitudine, della Lega Nord e dell'Italia dei Valori che raddoppia in un solo anno i suoi consensi e incassa molti voti da chi ha creduto di vedere in essa, più che in qualsiasi altra formazione politica, l'antidoto a Berlusconi e al suo sistema di potere.La sinistra, in tutte le sue articolazioni, resta sostanzialmente fuori dal gioco.E non solo perché non raggiungendo la soglia critica del 4% non avrà accesso al Parlamento europeo. Ma perché si conferma, malgrado qualche segnale di ripresa, una sua sostanziale marginalità. Della quale è assolutamente necessario prendere atto per riaprire una discussione che non si riduca nel puro e semplice scambio ritorsivo di accuse fra noi della lista anticapitalista e comunista e quanti sono approdati in Sinistra e Libertà.Ho le mie idee, al riguardo, e non mi sfugge certo la totale sconsideratezza dell'atto scissionistico che ha generato un micidiale contraccolpo, non soltanto nelle parti in contesa, uscite entrambe indebolite e impoverite da quello scontro fratricida. E, soprattutto, in quella vasta porzione dell'elettorato di sinistra che, semplicemente, ha abbandonato entrambi i contendenti. Neppure mi sfuggono gli elementi di sostanza, vale a dire i nodi politici legati ad uno scontro che solo un'estrema semplificazione può attribuire alle biografie personali. Il fatto è che non si può continuare così, perché l'olio che alimenta la fiammella rischia di finire rapidamente.Cominciamo allora ad afferrare per le corna i nostri problemi. A partire dalla questione dell'unità a sinistra. Ho letto, nei giorni immediatamente precedenti le elezioni, su un giornale di nuovo conio, che bisognerà dedicarsi - a consultazione conclusa - alla ricostruzione della sinistra: mai più divisi, si leggeva. Ma poi, proseguendo nella lettura, si scopriva che alla nuova sinistra unitaria immaginata ed evocata era già imposto un preciso confine, un perimetro politicamente ben delineato: una parte rilevante del Pd, Sinistra e libertà e i Radicali. Punto e basta. Gli altri, semplicemente, non entravano nel conto, non esistevano. Che questo atteggiamento non faccia che alimentare speculari idiosincrasie è del tutto evidente. Solo che mentre i capponi di Renzo si strappano le penne, la pentola nella quale rischia di esaurirsi la loro singolare tenzone è già sul fuoco.Dopodiché, di tanta centrifuga, rischia di non rimanere altro che il riflusso - più o meno dorato - di qualche notabile, in qualche generoso ospizio politico. Forse, con maggiore umiltà e riguadagnando un reciproco rispetto, occorrerebbe che tutti si interrogassero sulle ragioni di uno scollamento così persistente fra sinistra e società. Una sinistra di opinione, eclettica, chiacchierona e autoreferenziale, congenitamente malata di istituzionalismo, del tutto avulsa dal sociale, incapace di riselezionare il suo gruppo dirigente nelle lotte e nel conflitto, non va da nessuna parte. O meglio, va a destra. E può farlo persino mantenendo con tutta tranquillità (e mascherandosi dietro) un linguaggio aggressivo.Ma, come diceva Marx, attraverso le frasi si possono cambiare le frasi del mondo, ma non il mondo reale. Che non ti ascolta, se gli operai del Nord votano più che mai la Lega; se chi si batte per la laicità trova più convincente il messaggio dei Radicali; se le giovani generazioni si dividono fra quanti esauriscono il loro protagonismo nel carsico mondo dei movimenti e quanti - fuori da qualsiasi impegno politico e civile - consumano la loro esistenza e il loro sistema di relazioni in una dimensione esclusivamente privata.Abbiamo detto innumerevoli volte che per noi la politica o è fatta per immersione nel sociale o non è. Eppure, benché nessuno contraddica apertamente questa tesi, il lavoro di inchiesta, la capacità di interrogare la realtà per trarne indicazioni, strategie utili a produrre azione diretta, langue. Peccato, perché dove invece lo si fa con continuità, i risultati si vedono. Attenzione, non si tratta di resettare tutto. Personalmente, diffido di tutti coloro che con stucchevole spocchia (altra "virtù" diffusa a sinistra) spiegano che bisogna azzerare tutto. Sono i costruttori di soffitte che non volendo affrontare soverchie difficoltà, inventano ad ogni pié sospinto nuovi luoghi e nuovi contenitori. E' una storia che si ripete da vent'anni e non ha detto nulla di buono. Le scorciatoie, tutte incrostate di politicismo, ci hanno portato al riformismo incolore o all'implosione settaria.Luciana Castellina ha detto ieri che all'origine delle disgrazie della politica italiana c'è la sciagurata decisione di sciogliere il Pci. Non ci sarà tutto, ma c'è molta verità in questa affermazione. Che se non vuole rimanere un impotente grido nostalgico deve indurci a qualche non superficiale riflessione sul passato e sul presente. Sempre che non si ritenga, deterministicamente, che ciò che è stato dovesse necessariamente accadere. La discussione è aperta. Deve riaprirsi.

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