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Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
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06 agosto 2008

La precarietà va presidiata

di Italo Di Sabato – resp. naz.le Osservatorio sulla repressione del Prc/Se

Si sa che nel mondo politico e in quello dei media, che si assomigliano molto, le apparenze non coincidono quasi mai con la realtà.
Dall'insediamento del governo Berlusconi la persecuzione dei migranti, dei rom e dei cittadini italiani sinti è divenuta ossessiva. E' evidente una specie di sintonia, di coordinamento, tra il razzismo di strada e l'attivismo istituzionale. In questi ultimi mesi abbiamo assistito ai controlli della polizia sui bus, gli sgomberi dei nomadi, i rastrellamenti di prostitute nelle città maggiori, la schedature dei sinti, decreti che attuano principi discriminatori e incostituzionali. Infine la scelta di mettere i militati per le strade "ma solo per un anno", come si affrettano a spiegare i giornali. Purtroppo la risposta politica dell'opposizione parlamentare a questa tenaglia xenofoba è inesistente.

Sugli stranieri e sui nomadi si possono scaricare l'insicurezza economica o esistenziale, la paura del futuro. Un ceto politico cinico e avventurista vuole sfruttare l'insoddisfazione generale a fini di consenso. Non costa nulla. E qui si misura la miopia di chi, da noi, nella cosiddetta sinistra moderata, ha gettato benzina sul fuoco, corrodendo le basi antifasciste della prima repubblica, piagnucolando sui caduti di Salò, come se non fossero morti rastrellando i partigiani e collaborando con i nazisti, e quindi facilitando lo sterminio di ebrei, antifascisti, omosessuali e nomadi.

La sparata del ministro Ignazio La Russa, secondo cui sono contrari all’intervento dei militari nelle città solo i delinquenti e i “sessantottini” che gridavano slogan contro i neofascisti, è certamente una sparata di un politico abituato a gridare molto per farsi ascoltare dai deboli di spirito, ma è anche il segno di un’egemonia culturale sempre più evidente. Il benpensante medio crede davvero che i militari per strada, le schedature ai rom, la repressione ai migranti siano un bene ed è convinto che simili scelte siano l’attuazione del principio di legalità. Lo stesso benpensante, naturalmente, non si interroga sul fatto che alcune regioni (almeno quattro) sono in mano alla criminalità organizzata, che mafia e ‘ndrangheta hanno infiltrato l’economia del centro e nord Italia, che la corruzione nella pubblica amministrazione è diventata endemica.

Ma ciò che appare inaudito, in una cosiddetta democrazia liberale, è l'atteggiamento della stampa (sulla tv meglio sorvolare). A parte la campagna xenofoba di Libero o del Giornale, i cosiddetti giornali indipendenti insistono sull'«insicurezza dei cittadini», mentre a essere minacciati e umiliati, giorno per giorno, sono esseri umani, cittadini italiani e no, discriminati in base all'origine. L'insicurezza ha contorni così ampi che può riguardare tutto e non corrispondere a nulla di particolare. O meglio corrisponde a qualcosa che si dà per scontato come una necessità e non ci si sogna nemmeno di interpretare. E' vero, l'andamento dei reati, per lo più in diminuzione, non spiega il senso di insicurezza, ma se i cittadini hanno questa percezione, dobbiamo fare qualcosa… ecco che cosa dice un giorno sì e uno no qualsiasi editoriale dei quotidiani nazionali, grandi e piccoli. Da un mese circa i rom vengono cacciati da tutti gli insediamenti. Da qualche tempo i prefetti delle grandi città fanno schedare anche i sinti, per lo più di cittadinanza italiana, inviando la polizia all'alba nei loro insediamenti, come se si trattasse di criminali. In qualsiasi posto civile, questa sarebbe considerata discriminazione su base etnica (i cittadini sono schedati a seconda della loro supposta origine) e quindi inammissibile.

Alle proteste giustificatissime di un sinti molto noto, sopravvissuto di una famiglia sterminata dai nazisti, il giornalista di un quotidiano diffusissimo obietta più o meno: «Ma lo fanno per voi, per stabilire chi si comporta bene e chi no…». Insomma, se ti svegliano alle cinque del mattino per schedarti e terrorizzano i tuoi bambini, lo fanno per il tuo bene. Si noti non solo l'ipocrisia dell'argomento, ma l'implicito schierarsi del giornalista con le autorità. Che ci sta a fare l'Ordine dei giornalisti se non insegna ai suoi iscritti che compito di un vero giornalista è descrivere e al limite spiegare ciò che succede, e non fare la morale alle vittime di un sopruso?

Un esempio per tutto: l'ondata di piccoli pogrom contro i rom a Napoli sarebbe stata causata dal supposto tentativo di rapimento di un bambino da parte di una nomade. Tutta la stampa nazionale ha riportato l'episodio: «Nomade rapisce un bambino a Napoli» Mi sarebbe piaciuta una controinchiesta, tenuto anche conto che da quelle parti opera la camorra (come ha ben descritto Saviano nel libro Gomorra), che non va tanto per il sottile quando si tratta di deviare l'attenzione pubblica dai propri misfatti. A distanza di un mese la magistratura ha stabilito che si è trattato di un equivoco.

Ma i giornali hanno totalmente sottaciuto e non ci hanno pensato minimamente a chiedere scusa ai rom. Ed ecco che cos'è l'insicurezza, almeno nell'Italia d'oggi: un misto di balle mediali, cinismo politico e anche, perché no, panico generalizzato. Con politica dell'esistenza intendo non un complotto o un piano per assoggettarci, ma un comodo metodo per distrarci dalla realtà di un paese incattivito, privo di senso del futuro, in cui i salari sono più bassi che altrove, le università agonizzanti, i giovani senza speranza d'impiego stabile e la spazzatura trabocca dai cassonetti. ll sociologo Pierre Bourdieu amava dire che "la precarietà è ovunque", ovvero è un sistema che si tiene insieme, destruttura il mercato del lavoro e i diritti del welfare.

La dottrina della guerra ai poveri, ma anche ai giovani, magari graffitari o occupanti, chiude gli spazi pubblici: piazze e giardini recintati, polizie locali, private, città assediate in regime di coprifuoco notturno. Creando un nemico ubiquo, indefinibile e fungibile (marocchini, rom, albanesi, stupratori all'angolo delle strade, pedofili nei giardinetti) le vere magagne in cui affondiamo sono minimizzate e il ceto politico può continuare a fare la bella vita. E i giornali a vendere il loro allarmismo. Siamo all’abiura dei fondamenti dello stato diritto, in nome di un’emergenza del tutto fittizia, rilanciata da media irresponsabili e al servizio di un potere politico così debole da cercare consenso assecondando le pulsioni più irrazionali che serpeggiano in una società malata e insicura. Sono giorni di grande vergogna e di grande pericolo.

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