di Paolo Ferrero, Segretario Nazionale Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
Fino a ieri alla sacrosanta lotta dei lavoratori dell’Innse veniva obiettato che non esisteva nessun imprenditore disponibile a proseguire l’attività industriale dell’azienda e che quindi la lotta era priva di sbocchi. Me lo sono sentito ripetere io stesso più e più volte in questi giorni in tutti i colloqui avuti con vari livelli istituzionali.
Ieri un imprenditore serio ha avanzato formalmente una “manifestazione di interesse” che prevede l’acquisto dell’azienda e dei capannoni e il rilancio dell’attività produttiva e dell’occupazione.
L’alibi secondo cui l’Innse è destinata a chiudere per mancanza di imprenditori è quindi caduto. Non esiste più e non può più essere invocato da nessuno.
Per questo abbiamo chiesto e chiediamo al governo e al Prefetto di Milano: 1) di ritirare immediatamente le truppe permettendo così ai compagni di scendere dal carro ponte e ai lavoratori dell’Innse di riprendere il presidio della loro fabbrica; 2) di aprire un tavolo di trattativa che – con i tempi necessari – permetta il passaggio di proprietà al nuovo imprenditore e la conseguente ripresa dell’attività produttiva; 3) nel caso in cui il Genta, attuale proprietario dell’azienda, non volesse addivenire alla cessione della fabbrica, chiediamo al Prefetto di requisirla al fine di permetterne il suo riutilizzo produttivo.
L’iniziativa economica privata, nel nostro Paese, non può essere infatti un dogma assoluto: la nostra Costituzione prevede che essa non si possa svolgere in contrasto con l’utilità sociale.
Le tre cose che chiediamo al governo e al Prefetto non sono la luna, ma il minimo indispensabile per dare una risposta positiva alla lotta dei lavoratori e alla giusta richiesta di una ripresa lavorativa e occupazionale all’Innse. Se questo non dovesse avvenire sarebbe del tutto evidente che il governo e i suoi organi periferici non solo sarebbero responsabili della chiusura e dello smantellamento dell’Innse ma, nei fatti, utilizzerebbero la forza pubblica con il solo fine di tutelare gli interessi privati di uno speculatore legato alla Lega Nord.
E’ quindi possibile che la vicenda dell’Innse si incammini sulla buona strada dopo che il blitz agostano delle forze dell’ordine - che aveva l’effetto di permettere a Genta di fare i suoi porci comodi – aveva rischiato di compromettere la lotta che dura da mesi. E’ bene aver chiaro che il possibile esito positivo è dovuto unicamente alla lotta dei lavoratori dell’Innse e, nello specifico, dall’aver scelto una forma di lotta “alla francese”, che ha attirato l’attenzione dei media e imposto l’interruzione dello smontaggio dello stabilimento.
Mettere sotto chiave un manager o salire su un carro ponte poco importa; il nodo è obbligare la politica ad occuparsi della questione sociale e aprire uno spazio di contrattazione.
Questo vuol dire che attraverso la lotta è possibile modificare la volontà dei padroni: lo hanno sperimentato positivamente i lavoratori dell’Indesit come quelli di Fincantieri che hanno vinto proprio grazie a lunghi mesi di lotta compatta e determinata. I lavoratori dell’Innse ci indicano quindi la strada da seguire per l’autunno, lotta da generalizzare fabbrica per fabbrica, determinata e visibile, obbligando la politica ad occuparsi della questione sociale. Proprio per raggiungere una soluzione positiva e affinché la lotta dell’Innse possa costituire un esempio per tutti i lavoratori e le lavoratrici delle aziende sotto attacco occupazionale, occorre mettere i lavoratori in condizione di poter proseguire la lotta.
Per questo apriamo oggi una cassa di resistenza per sostenere la lotta dei lavoratori dell’Innse a cui invito tutti i compagni e le compagne a contribuire. Nessuno deve restare solo nella crisi, a partire da chi lotta.
Cassa di resistenza lavoratori INNSE
Partito della Rifondazione Comunista
codice Iban IT95G0312703201cc0340000782
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