di Gideon Levy - Haaretz, 9/1/2009
Questa guerra, forse più delle precedenti, mette a nudo i veri profondi stati d'animo della società israeliana. Razzismo e odio alzano la testa, così come l'impulso per la vendetta e la sete di sangue. L'inclinazione di coloro che comandano nelle Forze di Difesa Israeliane ora è "uccidere il più possibile", come raccontano i corrispondenti militari alla televisione. E anche se il riferimento è ai combattenti di Hamas, questa propensione resta agghiacciante.
L'aggressione e la brutalità sfrenate si giustificano come "prestare attenzione": lo spaventoso bilancio di sangue – circa 100 palestinesi morti per ogni israeliano ucciso non solleva alcuna obiezione, come se avessimo deciso che il loro sangue vale 100 volte meno del nostro, riconoscendo così il nostro innato razzismo.
Destroidi, nazionalisti, sciovinisti e militaristi sono i soli legittimi bon ton sulla piazza. Non infastiditeci con umanità e compassione. Solo ai margini del campo si può udire una voce di protesta – illegittima, ostracizzata e ignorata dai media – di un piccolo ma coraggioso gruppo di ebrei e di arabi. Accanto a tutto questo echeggia un altra voce, forse la peggiore di tutte: è quella dei virtuosi e degli ipocriti. Ari Shavit, mio collega, sembra esserne l'eloquente portavoce. Questa settimana, Shavit ha scritto su questo giornale ("Israele deve duplicare, triplicare, quadruplicare il suo aiuto medica a Gaza", Haaretz, 7 Gennaio): "L'offensiva israeliana in Gaza è giustificata . . . . Solo un'iniziativa umanitaria immediata e generosa dimostrerà che anche durante la guerra brutale che ci è stata imposta ci siamo ricordati che dall'altra parte ci sono esseri umani."
Per Shavit, che ha difeso la giustezza di questa guerra, insistendo che non dovesse essere perduta, il prezzo è irrilevante, come lo è il fatto che non ci sono vittorie in guerre così ingiuste. E osa, allo stesso tempo, predicare "mitezza".
Desidera forse che uccidiamo senza tregua, e in seguito impiantiamo ospedali da campo e spediamo medicine per curare i feriti? Sa che una guerra contro una popolazione inerme, forse la più inerme al mondo, che non ha dove fuggire, può solo essere crudele e spregevole. Ma costoro vogliono sempre uscirne bene. Sganceremo bombe sulle abitazioni, e poi cureremo i feriti a Ichilov; bombarderemo miseri locali di rifugio nelle scuole dell'ONU, e poi riabiliteremo i disabili a Beit Lewinstein. Spareremo per poi piangere, uccideremo per poi deplorare, abbatteremo donne e bambini come macchine assassine automatiche, mantenendo pure la nostra dignità.
Il problema è che in questo modo proprio non funziona. Queste sono un'ipocrisia e un autocompiacimento sfacciati. Quelli che invocano in modo incendiario una violenza sempre maggiore, senza considerarne le conseguenze, dovrebbero almeno essere più onesti a questo riguardo.
È come volere la botte piena e la moglie ubriaca. La sola "purità" in questa guerra è la "purificazione dai terroristi", che nella realtà significa causare spaventose tragedie. Ciò che accade a Gaza non è una calamità naturale, un terremoto o un'alluvione, in cui sarebbe nostro dovere e diritto tendere una mano per soccorrere i colpiti, mandare squadre di soccorso, come tanto amiamo fare. Fra tutte la peggiori sfortune, tutti i disastri che accadono adesso a Gaza sono causati dall'uomo: da noi. Non si può offrire aiuto con mani macchiate di sangue. Dalla brutalità non può nascere compassione.
Eppure ci sono ancora alcuni che vogliono l'uno e l'altro. Uccidere e distruggere indiscriminatamente e pure uscirne apparendo buoni, con la coscienza pulita. Andare avanti con i crimini di guerra senza percepire affatto il grave senso di colpa che dovrebbe accompagnarli. Ci vogliono nervi saldi. Chiunque giustifichi questa guerra giustifica anche tutti i suoi crimini. Chiunque la sostenga, credendo che i massacri compiuti siano giusti, non ha alcun diritto di parlare di moralità e mitezza. Non è possibile uccidere e nutrire nello stesso momento. Questa posizione rappresenta in modo fedele come pensano di base in modo doppio gli israeliani, da sempre. Commettere ogni ingiustizia, ma ritenersi puri. Uccidere, demolire, affamare, imprigionare e umiliare ed essere nel giusto; per non parlare dei virtuosi. I guerrafondai colmi di virtù non potranno permettersi questi lussi.
Chiunque giustifichi questa guerra ne giustifica anche ogni crimine. Chiunque la veda come una guerra difensiva deve essere moralmente responsabile delle sue conseguenze. Chiunque adesso incoraggi i politici e l'esercito a continuare sappia che dopo la guerra avrà il marchio di Caino sulla fronte. Tutti quelli che appoggiano la guerra ne sostengono pure l'orrore.
(testo inglese: http://www.haaretz.com/hasen/spages/1054158.html
traduzione di Andrea Piccinini e Paola Canarutto)
Questa guerra, forse più delle precedenti, mette a nudo i veri profondi stati d'animo della società israeliana. Razzismo e odio alzano la testa, così come l'impulso per la vendetta e la sete di sangue. L'inclinazione di coloro che comandano nelle Forze di Difesa Israeliane ora è "uccidere il più possibile", come raccontano i corrispondenti militari alla televisione. E anche se il riferimento è ai combattenti di Hamas, questa propensione resta agghiacciante.
L'aggressione e la brutalità sfrenate si giustificano come "prestare attenzione": lo spaventoso bilancio di sangue – circa 100 palestinesi morti per ogni israeliano ucciso non solleva alcuna obiezione, come se avessimo deciso che il loro sangue vale 100 volte meno del nostro, riconoscendo così il nostro innato razzismo.
Destroidi, nazionalisti, sciovinisti e militaristi sono i soli legittimi bon ton sulla piazza. Non infastiditeci con umanità e compassione. Solo ai margini del campo si può udire una voce di protesta – illegittima, ostracizzata e ignorata dai media – di un piccolo ma coraggioso gruppo di ebrei e di arabi. Accanto a tutto questo echeggia un altra voce, forse la peggiore di tutte: è quella dei virtuosi e degli ipocriti. Ari Shavit, mio collega, sembra esserne l'eloquente portavoce. Questa settimana, Shavit ha scritto su questo giornale ("Israele deve duplicare, triplicare, quadruplicare il suo aiuto medica a Gaza", Haaretz, 7 Gennaio): "L'offensiva israeliana in Gaza è giustificata . . . . Solo un'iniziativa umanitaria immediata e generosa dimostrerà che anche durante la guerra brutale che ci è stata imposta ci siamo ricordati che dall'altra parte ci sono esseri umani."
Per Shavit, che ha difeso la giustezza di questa guerra, insistendo che non dovesse essere perduta, il prezzo è irrilevante, come lo è il fatto che non ci sono vittorie in guerre così ingiuste. E osa, allo stesso tempo, predicare "mitezza".
Desidera forse che uccidiamo senza tregua, e in seguito impiantiamo ospedali da campo e spediamo medicine per curare i feriti? Sa che una guerra contro una popolazione inerme, forse la più inerme al mondo, che non ha dove fuggire, può solo essere crudele e spregevole. Ma costoro vogliono sempre uscirne bene. Sganceremo bombe sulle abitazioni, e poi cureremo i feriti a Ichilov; bombarderemo miseri locali di rifugio nelle scuole dell'ONU, e poi riabiliteremo i disabili a Beit Lewinstein. Spareremo per poi piangere, uccideremo per poi deplorare, abbatteremo donne e bambini come macchine assassine automatiche, mantenendo pure la nostra dignità.
Il problema è che in questo modo proprio non funziona. Queste sono un'ipocrisia e un autocompiacimento sfacciati. Quelli che invocano in modo incendiario una violenza sempre maggiore, senza considerarne le conseguenze, dovrebbero almeno essere più onesti a questo riguardo.
È come volere la botte piena e la moglie ubriaca. La sola "purità" in questa guerra è la "purificazione dai terroristi", che nella realtà significa causare spaventose tragedie. Ciò che accade a Gaza non è una calamità naturale, un terremoto o un'alluvione, in cui sarebbe nostro dovere e diritto tendere una mano per soccorrere i colpiti, mandare squadre di soccorso, come tanto amiamo fare. Fra tutte la peggiori sfortune, tutti i disastri che accadono adesso a Gaza sono causati dall'uomo: da noi. Non si può offrire aiuto con mani macchiate di sangue. Dalla brutalità non può nascere compassione.
Eppure ci sono ancora alcuni che vogliono l'uno e l'altro. Uccidere e distruggere indiscriminatamente e pure uscirne apparendo buoni, con la coscienza pulita. Andare avanti con i crimini di guerra senza percepire affatto il grave senso di colpa che dovrebbe accompagnarli. Ci vogliono nervi saldi. Chiunque giustifichi questa guerra giustifica anche tutti i suoi crimini. Chiunque la sostenga, credendo che i massacri compiuti siano giusti, non ha alcun diritto di parlare di moralità e mitezza. Non è possibile uccidere e nutrire nello stesso momento. Questa posizione rappresenta in modo fedele come pensano di base in modo doppio gli israeliani, da sempre. Commettere ogni ingiustizia, ma ritenersi puri. Uccidere, demolire, affamare, imprigionare e umiliare ed essere nel giusto; per non parlare dei virtuosi. I guerrafondai colmi di virtù non potranno permettersi questi lussi.
Chiunque giustifichi questa guerra ne giustifica anche ogni crimine. Chiunque la veda come una guerra difensiva deve essere moralmente responsabile delle sue conseguenze. Chiunque adesso incoraggi i politici e l'esercito a continuare sappia che dopo la guerra avrà il marchio di Caino sulla fronte. Tutti quelli che appoggiano la guerra ne sostengono pure l'orrore.
(testo inglese: http://www.haaretz.com/hasen/spages/1054158.html
traduzione di Andrea Piccinini e Paola Canarutto)
Nessun commento:
Posta un commento