"Esci partito dalle tue stanze, torna amico dei ragazzi di strada" Majakovskij

Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
Circolo "Lucio Libertini" Montecchio Emilia
prc.montecchio@gmail.com
Facebook: Prc Montecchio Emilia

12 gennaio 2009

Direzione Nazionale PRC 12 Gennaio 2009 - Relazione introduttiva di Paolo Ferrero

Nella direzione di oggi vi proponiamo di sostituire il direttore di Liberazione Piero Sansonetti con Dino Greco, dopo aver sentito la redazione nella giornata di giovedì. Il motivo di questa proposta, che speravo di non dovervi fare, è duplice e gravissimo.

In primo luogo ci troviamo di fronte ad una situazione del giornale, catastrofica dal punto di vista economico e delle vendite. Nel corso del 2008 il giornale perderà circa 3 milioni e mezzo di euro a fronte della previsione fatta nel bilancio preventivo di 900mila euro.

Questa crescita esponenziale del deficit, si accompagna ad un progressiva perdita di copie vendute che richiede un intervento immediato. Dalle 9.945 copie mediamente vendute nel 2004 siamo passati alle 6.834 nel 2008, con un calo ancora più pronunciato negli ultimi mesi, tanto da finire sotto le 6.000 copie giornaliere negli ultimi mesi dell’anno.

In secondo luogo Piero Sansonetti ha indirizzato chiaramente Liberazione sul progetto politico di superare rifondazione comunista, proponendo nel contempo la costruzione di una altra forza politica. In questi mesi, mentre i compagni e le compagne di rifondazione avevano democraticamente deciso di rilanciare rifondazione comunista, abbiamo avuto un giornale che ha proceduto nella direzione opposta.

Il combinato disposto di questi due elementi produce una situazione francamente inaccettabile, in cui Rifondazione spende una barca di quattrini (nel 2008 un terzo del bilancio) per finanziare un giornale che propone quotidianamente il superamento del partito medesimo e del suo progetto politico. Una situazione inaccettabile che ha portato ad uno scollamento tra il giornale e la nostra gente in cui la perdita di copie vendute è l’espressione diretta del fallimento del progetto editoriale che Piero ha portato avanti. Arriviamo ora a questa discussione perché, in tutti questi mesi, ho chiesto a Piero di modificare l’indirizzo del giornale, in modo da renderlo un giornale in grado di recuperare una sintonia con i suoi lettori e quindi copie vendute. Questo non è avvenuto, anzi è accaduto il contrario e credo sia necessario prenderne atto perché se continuiamo su questa strada sarà Rifondazione ad essere distrutta. In primo luogo perché, data la sostanziale censura che subiamo da parte dei grandi mezzi di comunicazione, Liberazione è essenziale per il rilancio di Rifondazione Comunista.

In secondo luogo perché, essendo Liberazione il quotidiano di Rifondazione, al partito vengono imputate le prese di posizione politiche del giornale. Siamo così in una situazione surreale in cui le prese di posizioni politiche di Liberazione - o proposte del tutto estemporanee come ad esempio la scarcerazione di Anna Maria Franzoni - vengono imputate al partito. Oltre al danno la beffa. In terzo luogo perché se continuassimo così sarebbe il partito a finire in bancarotta. Deve essere infatti chiaro a tutti che il finanziamento pubblico ci permette per il 2009 e il 2010 di avere una decina di milioni di euro a diposizione ma che dopo questo calerà drasticamente. Non possiamo permetterci - pena la chiusura del partito - di continuare su questa strada suicida. Questi e non altri sono i motivi del cambio di direzione, al di là delle falsità che sono state diffuse a piene mani in questi giorni.

Il problema non è la libertà e l’autonomia dei giornalisti o del giornale, ma il suo progetto politico. Liberazione , prima di questa direzione, ha interpretato creativamente il progetto della rifondazione comunista, con le inevitabili dialettiche e conflitti con il gruppo dirigente del partito. Non è questo il problema; il giornale per essere utile deve agire in autonomia la propria partecipazione ad un comune progetto politico di cui la segreteria non è il depositario unico ed autentico. Tra segreteria e giornale non vi deve essere un rapporto gerarchico, ma il libero e creativo sviluppo di un comune progetto politico.

Il problema non è l’abbandono dei temi dei diritti civili e della libertà di orientamento sessuale. Abbiamo messo nel nostro statuto che Rifondazione Comunista si batte per il superamento del capitalismo e del patriarcato. Abbiamo voluto compiere questo atto di definizione della nostra identità proprio perché pensiamo che il cammino della rifondazione comunista ci chiede di coniugare la contraddizione capitale lavoro con le altre contraddizioni che si presentano e che non sono in essa racchiuse. Per noi il tema della libertà e il tema dell’eguaglianza sono indissolubilmente legati perché sappiamo bene che l’una senza l’altra sono parole vuote. Personalmente ho fatto l’obiettore di coscienza nel lontano 1980, ben prima che Rifondazione scoprisse la nonviolenza e sempre in quell’anno ho contribuito ad organizzarei lavori del primo seminario su "Fede cristiana e omosessualità" in cui con il compianto Ferruccio Castellano, con Franco Barbero e altri si cominciava a decostruire la teologia reazionaria a base naturalista con cui il Vaticano condannava l’omosessualità come "malattia".

Per quanto mi riguarda l’idea che si possano contrapporre diritti civili e diritti sociali, operai e omosessuali, giustizia e libertà di orientamento sessuale, lotte per l’eguaglianza e lotte per la libertà è semplicemente una follia. Così come la lezione delle donne sulla differenza e sulla necessità di coniugare differenza ed eguaglianza nella comune lotta alle diseguaglianze è un patrimonio comune, coincide con la nostra maturazione di partito e di individui.

Rilanciare Rifondazione Comunista

Il progetto politico su cui ci siamo impegnati a partire dal Congresso è quello del rilancio del progetto della rifondazione Comunista, non altro. Rilancio del progetto della Rifondazione Comunista vuol dire che i due termini si sostengono e si valorizzano a vicenda. La Rifondazione senza comunismo diventa pura innovazione senza principi, una sorta di occhettismo di ritorno. Il Comunismo senza la rifondazione è un concetto muto perché non fa i conti con gli errori e gli orrori del socialismo reale che dobbiamo riconoscere per essere in grado di non ripeterli, per rendere nuovamente credibile la parola comunismo. Per questo mi pare incredibile la polemica sul muro di Berlino. A me pare evidente che la caduta del muro di Berlino sia un fatto positivo e necessario. Positivo e necessario perché attraverso i muri certo non si costruisce il socialismo e perché quel modello sociale era diventato insopportabile per chi ci viveva. Farne discendere che la caduta del muro di Berlino sia il simbolo della ripartenza della trasformazione sociale mi pare una sciocchezza.

Per questo è bene che il muro sia stato distrutto ma è del tutto evidente che la sua caduta non ha aperto - come pensava Occhetto - la strada della libertà e della giustizia, di un mondo migliore. Siamo rimasti - est e ovest, tutti insieme - nello schifo del neoliberismo capitalistico e adesso ne paghiamo i prezzi - tutti insieme - della sua crisi. Recuperare un concetto dialettico di storia, in cui un fatto più essere - dialetticamente - positivo e necessario ma non per questo il simbolo della ripartenza della trasformazione sociale, mi pare un punto decisivo per la prospettiva della rifondazione comunista ma anche - banalmente - della civiltà del nostro dibattito. Un punto di cultura politica che mi ha particolarmente colpito in queste settimane è proprio l’utilizzo della storia di Rifondazione come una clava, per cui ci sarebbero gli eredi di rifondazione e i barbari che hanno avvelenato i pozzi. A me pare che la storia di rifondazione sia una storia contraddittoria e non si possa ridurre a questa caricatura. In particolare non capisco perché la rottura con il primo governo Prodi , che ha portato alla scissione di Cossutta, sia stata in questi anni considerata un atto rifondativo, un atto fondante per rifondazione e adesso, il cambio di linea democraticamente deciso al Congresso, sarebbe un golpe.

Il punto vero è che dentro Rifondazione vi è sempre stata una dialettica tra la "blindatura" dei gruppi dirigenti e democrazia di base. E’ stato così sin dall’inizio. Quando Sergio Garavini venne cacciato da segretario vi fu una polemica feroce tra chi sosteneva l’intangibilità del patto tra i "soci fondatori" e chi sosteneva il diritto a far valere le regole democratiche nel partito. Quando vi fu la rottura con il governo Prodi - ed erano gli anni della diarchia tra Bertinotti e Cossutta - Cossutta sostenne che non si poteva rompere quel patto e ci accusò pesantemente di voler distruggere il partito perché rompevamo l’accordo di vertice e ottenevamo la maggioranza in Cpn ricorrendo ai voti dei compagni della minoranza guidata da Livio Maitan. Adesso, contro la segreteria viene fatta la stessa polemica che Cossutta fece contro Bertinotti. Sono sbigottito. Pensavo infatti che per tutta Rifondazione comunista il terreno della democrazia - una testa un voto - fosse oramai un terreno acquisito, pacifico. Prendo atto invece che è proprio dalla non accettazione delle basilari regole democratiche che nasce la crisi post congressuale.

Al contrario io penso che dobbiamo oggi ribadire che il pieno esercizio della democrazia, unito alla scelta strategica della gestione unitaria del partito, è il terreno su cui si può sviluppare la rifondazione comunista, la nostra scelta di essere liberamente comunisti.

A questo riguardo voglio anche sottolineare che la nostra scelta di rilancio della rifondazione comunista si è contrapposta in congresso alla scelta della costituente della sinistra come alla scelta della costituente comunista. Noi vogliamo rilanciare il processo della rifondazione comunista perché siamo convinti che solo attorno a questo processo si possa costruire l’unità della sinistra e una efficace politica di trasformazione sociale. La radicalizzazione da parte di alcuni compagni e compagne della scelta della costituente di sinistra non ci farà quindi cambiare linea, non ci faremo ingabbiare nella prospettiva della costituente comunista; riproponiamo la pratica e la prospettiva della rifondazione comunista. Nessuno si faccia illusioni: non faremo vincere politicamente il congresso a chi lo ha perso con il voto democratico dei compagni e delle compagne. Non regaleremo a chi vuole fare un altro partito di sinistra uno spazio politico che non esiste e che si vuole costruire distruggendo l’immagine, la realtà e il progetto di Rifondazione. Per questo sono rimasto ferito di fronte ad una campagna stampa di cui Liberazione e alcuni dirigenti della minoranza sono stati protagonisti e che hanno dipinto la sostituzione di Sansonetti come un atto omofobico e stalinista. Non è così e lo dimostreremo.

La nostra proposta

Lo dimostra in primo luogo il direttore che vi proponiamo. Dino Greco è un dirigente sindacale, della sinistra Cgil. Negli anni in cui è stato segretario della Camera del lavoro di Brescia, la più grande Camera del Lavoro d’Italia, non si è limitato ad organizzare la difesa degli interessi materiali di quei lavoratori e lavoratrici. La CdL di Brescia è stata per anni all’avanguardia nell’organizzazione dei migranti, con un ruolo locale e nazionale insostituibile. Proprio da uno sciopero della fame organizzato a Brescia è nata una grande campagna nazionale sui diritti dei migranti. Non solo. La CdL, negli anni in cui è stata diretta da Dino Greco, ha regolarmente partecipato alle manifestazioni pacifiste che richiedevano a Brescia e in Italia la riconversione dell’industria bellica. Non era così facile, a Brescia, dove vi sono lavoratori iscritti contemporaneamente alla Fiom e alla Lega Nord, schierare la Camera del lavoro sul versante degli immigrati e della riconversione dell’industria bellica, ma questo è stato fatto. E voi pensate che adesso Dino Greco sia diventato un’altra persona, che prenderà ordini per telefono dal "segretario padrone"? Dino Greco io penso e spero sarà in grado di fare un giornale aperto e autonomo, punto fondamentale del rilancio del progetto della rifondazione comunista proprio perché interpretato con autonomia e creatività.

Spero in particolare che il giornale saprà interpretare creativamente la nuova fase sociale e politica in cui siamo: la crisi economica, che per dimensioni, intensità e profondità è una vera e propria crisi costituente, che non lascerà nulla come prima, intrecciata con la crisi della politica, con la completa delegittimazione della politica come terreno di realizzazione del bene comune.

Proprio la necessità di avanzare una proposta all’altezza della sfida della crisi ci impedisce qualsiasi semplificazione che separi le questioni della libertà da quelle sociali. Non a caso le destre utilizzano ideologie reazionarie come elementi fondanti la loro proposta politica. Di fronte alla crisi la Lega propone di mandare via gli immigrati, costruendo così una illusoria soluzione costruita sulla guerra tra i poveri. Così come nella crisi di ideali e prospettive il Vaticano ripropone di tornare a valori premoderni e reazionari come il patriarcato. Proprio la crisi ci obbliga ad un inedito intreccio tra difesa degli interessi immediati degli strati più deboli della società a partire dai lavoratori con i valori di libertà, con la costruzione di un universo simbolico alternativo al nichilismo premoderno egemone; quell’universo simbolico che noi chiamiamo comunismo e che vogliamo rifondare.

Nessun commento:

Posta un commento